Pronunciato a scopi mediatici il discorso del leader supremo nasconde significati ideologici che il mondo non può sottovalutare
Qualche giorno fa il capo del Partito guida della Cina moderna ha parlato al popolo del grande Paese asiatico per rivendicare una continuità (che diremmo improbabile) fra l’ideologia comunista di Mao e l’attuale sistema di governo di Pechino. Tirata fuori dall’armadio e indossata la divisa maoista, ha pronunciato il suo discorso dallo stesso balcone dal quale il grande timoniere si era affacciato per proclamare la nascita della Repubblica Popolare Cinese, nel 1949. Mai prima d’ora il Partito aveva celebrato un suo anniversario in maniera tanto trionfalistica. In realtà non ce ne sarebbero stati i presupposti, date le difficoltà affrontate e patite. Adesso, però, Xi Jinping ha colto l’occasione per chiarire il tenore dei rapporti fra il Dragone e il mondo.
Un sistema a Partito Unico può reggersi solo a condizione che il popolo creda che il suo capo non sbagli mai, e non abbia bisogno di un’opposizione che ne possa criticare le scelte. Su questo Xi è stato chiarissimo: il Partito Unico non si discute e tutte le critiche che vengono dall’estero sono rinviate al mittente. Il Partito è lo Stato e quindi chiunque disobbedisca al Partito agisce contro lo Stato e il popolo cinese. Per tale ragione deve essere punito severamente.
L’ideologia del Partito è il marxismo, a dispetto della sua condanna della proprietà privata e della fraternità internazionalistica, principi che vengono sostituiti dall’esasperato nazionalismo all’interno e da un evidente militarismo nei rapporti col mondo circostante. Il progresso economico del Paese rappresenta la controprova che le scelte fatte erano opportune e inoltre restituisce alla Cina quel ruolo di primo piano che, grazie alla sua millenaria civiltà, può rivendicare.
In sintesi Xi Jinping propone (o impone) al suo popolo un neototalitarismo che mescola capitalismo, nazionalismo, militarismo e socialismo in un debole amalgama che solo la serrata propaganda informatica di Pechino può fare passare come una verità assoluta. Il tutto condito da una xenofobia e da alcune forme di razzismo nei confronti delle minoranze che crescono di giorno in giorno.
Tutto il discorso del Presidente cinese fa pensare che si voglia preparare i cinesi all’isolamento crescente che di fatto si sta profilando nei confronti di Pechino. Il disaccoppiamento in corso fra l’economia mondiale e quella cinese sottrarrà a Pechino quei fiumi di investimenti occidentali che hanno determinato la crescita e l’attuale potenza del Paese. Prima che ciò avvenga, occorre compattare le classi sociali intorno all’idea della «fortezza assediata» di staliniana memoria e prepararsi al confronto.
The celebration of the Chinese Communist Party’s birth
A few days ago, the head of the leading party of modern China spoke to the people of the great Asian country to claim an (unlikely) continuity between Mao‘s communist ideology and the current establishment. He pulled out of the closet the Maoist uniform and put it on. Then Xi Jinping gave his speech from the same balcony where Mao, in 1949, had proclaimed the birth of the People’s Republic of China. Never the Party had celebrated its anniversary in such a triumphalistic way. Actually, many difficulties didn’t allow a project like this. Anyway Xi Jinping took this the opportunity to point out the relationship between the Dragon and the world.
A single-party regime can run its power upon condition that people believe that its boss is never wrong and at the same time does not need an opposition criticizing the official policies. Xi’s words were absolutely clear: the single party is never under questioning and any foreign criticisms are to be considered a strategic attack. The Party is the state and therefore anyone who disobeys the party acts against the state and the Chinese people, so he must be severely punished.
Marxism is the Party’s ideology, even though its condemnation of private property and the idea of internationalist brotherhood have been replaced by extreme nationalisms as well as by militarism acting even in relation to the surrounding world. The country’s economic progress confirms how much opportune the practiced policies were. This also returns to China its leading internal role connected to its millenary civilization.
Biefly, Xi Jinping proposes (or imposes) on his people a neototalitarianism that mixes capitalism, nationalism, militarism and socialism in a weak amalgam that only Beijing’s close cyber propaganda can spread as if it were an absolute truth. This tendency goes together with xenophobia and racism practiced against minorities are boosting day by day.
According to the whole speech of the Chinese President, it seems that Chinese people go towards a growing isolation, at least as far as Beijing is concerned. The ongoing separation between the world economy and the Chinese one will deprive Beijing of those Western investments that have hither to pushed the country’s growth and current power. So it is necessary and urgent to compact the social classes around the Stalin’s idea of “besieged fortress” and cultivate confrontation.