Bestiame e contagi
Da quando il mondo combatte l’attuale pandemia del Covid 19, l’opinione pubblica è divenuta più sensibile a temi che prima erano discussi solo da ricercatori esperti nell’interazione fra l’uomo e l’ambiente animale. L’Hiv, la Sars, l’Ebola e tante altre malattie meno letali sono state trasmesse all’uomo dal regno animale. Quasi sempre ciò avviene a causa del crescente volume delle carni che si consumano nel mondo, ma sarebbe sbagliato puntare il dito sugli allevamenti di ovini e bovini.
Normalmente le misure igieniche adottate sono sufficienti a neutralizzare eventuali pericoli per la salute dei consumatori. Il vero problema sono gli allevamenti da cortile e la caccia agli animali selvatici. Queste pratiche sono diffusissime nei Paesi poveri o in via di sviluppo e costituiscono l’unico mezzo per alimentare vaste popolazioni con proteine animali.
La riduzione della biodiversità
Ma ancora più problematica è la questione della riduzione della biodiversità. La popolazione umana aumenta a ritmi sempre più intensi e deve nutrirsi. Per farlo invade sempre più profondamente ecosistemi stabili da decine di millenni, alterando i rapporti quantitativi fra le specie animali. Può facilmente accadere che animali portatori di virus, potenzialmente letali, si moltiplichino in maniera esponenziale, venendo a mancare a causa dell’antropizzazione quelle specie che ne limitavano la riproduzione.
In queste condizioni è chiaro che le probabilità di salto di genere all’uomo non possono che aumentare. In altre parole: meno biodiversità = più malattie. Ma c’è di più. Se questo meccanismo si fosse verificato in epoche caratterizzate da sporadici rapporti fra gruppi umani, il problema sarebbe stato limitato a poche aree del globo. Oggi evidentemente non è così. Ragion per cui i ricercatori ci ammoniscono: non si tratta di chiedersi se ci saranno altre pandemie. Certamente ci saranno, non sappiamo quando.
Un futuro incerto
Questa prospettiva pone problemi di non facile soluzione dal punto di vista sanitario. Ci si può attrezzare per combattere le pandemie con nuovi vaccini, farmaci, ospedali e personale medico ma si tratta di un rimedio parziale. Virus e batteri corrono a una velocità infinitamente maggiore rispetto alla ricerca medica; il personale sanitario, nei periodi in cui non è in corso alcuna pandemia, resterebbe inoperoso per anni in una condizione insostenibile. In questo momento nessuno è in grado di rispondere a tali interrogativi.