Da quando la pandemia di Coronavirus ha catalizzato l’attenzione degli organi di informazione, sono entrati nell’uso comune termini scientifici poco noti in precedenza.
Uno di questi è la parola zoonosi. Essa indica le malattie che attaccano l’uomo a partire da microrganismi presenti in alcuni animali che fungono da serbatoio o da vettori. Parliamo di circa il 70% di affezioni gravissime come la peste bubbonica, l’AIDS, l’ebola, l’antrace, la rabbia, la SARS e molte altre.
Pandemie e ambiente
Ciò che preoccupa i ricercatori è il fatto che negli ultimi decenni il numero delle epidemie zoonotiche aumentano in progressione geometrica. A ciò sicuramente contribuisce lo sconvolgimento di ecosistemi millenari che, fino a poco tempo fa, avevano il loro equilibrio e non costituivano una minaccia per l’uomo.
La crescita della popolazione del pianeta negli ultimi cento anni ha provocato deforestazioni, aperture di nuove miniere ed espansioni di megalopoli urbane che hanno ridotto in maniera pericolosissima la distanza fra gli umani e la fauna selvatica. Quest’ultima può essere portatrice di virus che, per mutazioni del tutto casuali finiscono per essere ospitati da animali – come i maiali o i polli – con i quali gli uomini convivono da tempo per alimentarsene.
La caccia, il commercio e i consumi di fauna selvatica, insieme alla velocità con cui i virus possono oggi coprire decine di migliaia di chilometri costituiscono un pericolo che l’umanità non ha mai corso prima. Inoltre i virus – per loro natura mutanti – possono colpire in tempi molto più brevi di quelli di cui la scienza ha bisogno per mettere a punto terapie e vaccini.
Pandemie passate e future
Si può avere un’idea di ciò che potrebbe accadere ricordando che l’arrivo degli europei in America provocò la cancellazione quasi completa di decine di milioni di persone, a causa di virus e batteri considerati abbastanza innocui sull’altra riva dell’Oceano. Erano tempi in cui i contatti umani erano incomparabilmente meno frequenti e intensi rispetto a oggi, quindi si può soltanto sperare che nulla di simile accada in futuro. In altre parole un’epidemia mortale non lo sarebbe solo per un gruppo umano ma per buona parte dell’umanità.
Quindi se ci si chiede che cosa l’attuale pandemia può insegnare alla nostra super tecnologica – e superpresuntuosa – civiltà, la risposta è semplice. Bisogna fare attenzione a pericoli naturali che non conosciamo, a serbatoi di agenti patogeni mortali che, se mescolati da noi, mutano e possono provocare catastrofi dalle quali non si torna indietro.