“Perfect days”, ultimo film di Wim Wenders già nelle sale italiane, è un elogio alla ricchezza interiore, alla solitudine che è cura contro il caos rumoroso del mondo. A sua volta il caos è il responsabile dell’alienazione dell’uomo.
Ambientato a Tokyo, “Perfect Days” descrive con intenso realismo la vita di Hirayama, addetto alle pulizie dei bagni pubblici della città. Bravissimo l’interprete, Kōji Yakusho. Il protagonista svolge con perizia e onore il suo lavoro, pienamente conscio del valore sociale del suo impegno e convinto di doverlo svolgere con tutta la dedizione possibile a beneficio dei fruitori. Hirayama lustra ogni parte in metallo, lava e asciuga vetri e specchi fino a farli brillare, utilizza persino uno specchietto per verificare con maggiore pignoleria.
La vita scorre
Ogni giorno della sua vita scorre uguale a quello precedente: il delicato suono della scopa di saggina che viene dalla strada gli fa da sveglia. Il rassetto del tatami segue la pulizia personale, barba e baffi. Poi la cura delle piantine e la tuta da lavoro da indossare. Hirayama raccoglie qualche moneta da una mensola per ritirare dal distributore automatico lì accanto una lattina di caffè. Infine parte con il furgone della società che usa esclusivamente per il proprio lavoro.
Quando esce di casa al mattino, Hirayama inizia la propria routine con un sorriso rivolto al cielo e alle fronde degli alberi mosse dal vento. Dopo il lavoro, a casa. Parcheggia il furgone e, con la propria bicicletta, raggiunge i bagni pubblici per la sua pulizia personale. Sosta al bar sorseggiando una bibita gelata e rientra a casa dove termina la giornata con la rituale lettura di testi di autori impegnati, come Falkner. Imprecisi sogni in bianco e nero accompagnano il suo sonno, immagini di Donata Wender, che fanno da contraltare ai vividi colori della vita quotidiana di Hirayama, ad opera del regista tedesco con la collaborazione fotografica di Franz Lustig.
Quest’uomo di mezza età, curato e di bell’aspetto, in contrasto con l’umile lavoro che svolge, al mattino, al risveglio, per una decina di minuti agisce senza parole. Hirayama dallo sguardo buono ha un rapporto silenzioso ma unico con le anime gentili, con coloro che non sono stati contaminati dal disordinato, caotico, mondo esterno: i bambini, i disabili, gli emarginati.
Un personaggio non comune
Wenders intende offrirci uno spaccato di una società sfiduciata, al limite della maleducazione, irrispettosa e lo fa sul terreno della cultura giapponese ritenuta emblema dell’educazione e del rispetto. Il regista evidenzia bene le criticità del mondo contemporaneo, mostrando la vita semplice e abitudinaria di un uomo umile, ma che si rivelerà di altra estrazione sociale. Non a caso Hirayama da subito è persona curiosa, se non colta, che ascolta musica inglese e americana degli anni Settanta e Ottanta. Patti Smith, Jim Morrison, Lou Reed sono i suoi preferiti. Con questa vita il protagonista risulta essere un disadattato: non frequenta quella parte del mondo che va veloce.
La tecnologia gli è quasi sconosciuta: ascolta la sua musica preferita con un mangianastri sul furgone e a casa. La fotografia lo appassiona e i soggetti sono sempre gli stessi: alberi, rami, fronde. La sua macchina fotografica è analogica, con i rullini che porta sempre dello stesso stampatore. L’isolamento dal mondo esterno, un mondo che immaginiamo opulento, intriso di materialismo, malato di consumismo, diffidente, privo della capacità di condivisione, gli permette di concentrarsi sul lieve movimento dei rami, sul disagio e la malinconia delle persone che incontra. Tutto questo fa di lui un uomo estremamente sensibile, attento alle piccole cose.
Con “Perfect days”, film vincitore a Cannes del premio per il miglior attore protagonista conferito a Kōji Yakusho, Wenders intende mostrare la semplicità del reale, senza lavorazioni sofisticate post-produzione, puntando alla concretezza con la massima efficacia.
La felicità, la poesia
Wenders chiude il film con una nota potente ed espressiva. Si tratta di un lungo primo piano di Hirayama mentre guida il suo furgone, in una splendente alba di Tokyo. Tutto ricomincia per Hirayama questo uomo semplice, felice, commosso della propria ricca vita, sulle note non casuali di “Feeling good” (1965) cantato da Nina Simone. Il suo è un volto finalmente carico di emozioni struggenti, di rughe di saggezza, di colori che dall’esterno si riflettono su di lui.
“Perfect days” è un film che raccoglie tutte le idee di Wim Wenders ma che offre un respiro più ampio, un maggiore afflato poetico. Un film saldamente aderente alla realtà, che apre all’ottimismo, raramente mostrato con tale raffinatezza.
Della stessa autrice: “Trilogia della città di K.” al Piccolo Teatro di Milano