Sanzioni alla Russia, la Lukoil protesta contro la guerra
Applicate le sanzioni alla Russia, il consiglio di amministrazione della seconda compagnia petrolifera russa, la Lukoil, che impiega più di 100.000 persone, ha chiesto pubblicamente al Presidente Putin di porre fine in qualche modo alla guerra in Ucraina.
Non è usuale nel sistema autoritario russo che qualcuno disapprovi duramente una scelta governativa di estrema gravità come una guerra. Le azioni della Lukoil, quotate a Londra, dopo l’inizio della guerra, avevano perso il 99% del loro valore e giovedì se ne era sospesa la contrattazione.
Ciò dà la misura delle difficoltà che Putin sta incontrando a causa del martellamento commerciale che si abbatte sul Paese ormai da una settimana.
Joe Biden chiede al Congresso di considerare la Russia uno Stato ostile
Ad aggravare ancora la posizione dello zar Vladimir la decisione, resa pubblica venerdì da Biden, di revocare lo status di nazione più favorita nelle transazioni economiche con Mosca.
Tale status prevede che gli scambi commerciali fra due Paesi avvengano sulla base della massima convenienza reciproca, dal punto di vista daziario e normativo in genere.
Biden, in accordo con il G7 e l’Unione Europea, chiede ora al Congresso di trattare la Russia come uno Stato ostile, colpendolo sotto il profilo finanziario.
Sanzioni alla Russia, la Cina si è fatta avanti per l’acquisto di importanti asset
All’inizio della settimana gli oligarchi Mikhail Fridman e Oleg Deripaska avevano mostrato la loro contrarietà alle scelte di Putin.
La Borsa di Mosca venerdì è restata chiusa per il decimo giorno e ci vogliono circa 118 rubli per comprare un dollaro.
Pechino si è fatta avanti per acquistare degli asset di una certa importanza, approfittando dell’enorme convenienza che offrirebbero operazioni di questo tipo; è improbabile, però, che con una difficile guerra in corso Mosca finalizzi tali operazioni.
L’autonomia dell’Europa dal gas e dal petrolio russi
Certamente le sterminate risorse energetiche e minerarie della Russia nel lungo periodo coprirebbero le perdite attuali, ma un’altra circostanza minaccia l’equilibrio finanziario dell’impero euroasiatico.
I leader europei, infatti, hanno deciso all’unanimità (cosa molto rara nella Ue) di rendere il Vecchio continente in pochi anni completamente autonomo dal gas e dal petrolio russi.
L’unico mercato in grado di rimpiazzare l’export in Europa sarebbe quello cinese, ma con rendimenti molto più modesti per Mosca.
Inoltre, molte grandi banche americane, che movimentavano investimenti e capitali importanti per l’economia di Mosca, hanno già deciso di ritirarsi dai mercati russi.
Che farà Putin?