Un punto di non ritorno
L’opinione pubblica internazionale ha reagito agli orrori e ai crimini di guerra di Bucha da parte dei russi condannando senza appello la leadership di Mosca. La società civile ha reagito emotivamente chiedendo che lo zar Vladimir Putin venga un giorno giudicato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja, come si procedette a Norimberga contro i criminali nazisti.
Due situazioni a confronto
Se dal punto di vista morale ciò sarebbe assolutamente adeguato, dal punto di vista del diritto e della prassi la cosa appare estremamente improbabile. In primo luogo a Norimberga vennero giudicati i capi di un Paese. Questi ultimi erano, in misura diversa, responsabili della più sanguinosa guerra mai combattuta e di 50 milioni di morti.
La Germania alla fine era stata sconfitta e appariva come una sterminata distesa di macerie. È difficile pensare alla Russia di oggi o di domani allo stesso modo. Ed è anche augurabile che ciò non accada mai. In secondo luogo la Russia di Putin – come gli Usa, la Cina e altri Stati – non riconoscono alcuna legittimità alla Corte, non avendone firmato l’atto costitutivo.
La situazione attuale
Ma in queste settimane si discute molto sulla possibilità di far tacere le armi e tentare di risolvere ogni controversia per vie diplomatiche. Purtroppo non si individua una strada percorribile che possa soddisfare ambedue le parti in conflitto. Putin non ha raggiunto nemmeno uno dei suoi obiettivi e non può giustificare di fronte al suo popolo la mobilitazione di 200.000 uomini e i costi umani del conflitto.
Il presidente ucraino Zelensky si trova a governare un Paese devastato dalla guerra, che ha respinto fino a ora gli assalitori con un’eroica difesa del territorio nazionale. Non può quindi spingersi a concedere in sede di trattativa ciò che i russi non sono stati in grado di acquisire malgrado la loro netta superiorità di uomini e mezzi.
È quindi prevedibile uno stallo e un ulteriore sforzo del Cremlino di conseguire a qualunque costo almeno qualche vittoria da celebrare durante la sfilata del 9 Maggio a Mosca.
Un conflitto eterno
In queste condizioni la guerra rischia di protrarsi molto più a lungo di quanto sarebbe augurabili, come prevedono tutti gli osservatori internazionali. I falchi, da una parte e dall’altra, si preparano a contendersi le città dell’Est e del Sud . Le rivendicazioni continueranno, anche a costo di far scorrere fiumi di sangue per i prossimi anni.
Perfino il papa non ha potuto fare a meno di rilevare pubblicamente l’impotenza dell’Onu in questa circostanza. Sullo sfondo la terribile prospettiva dell’uso di armi atomiche da parte di un Cremlino umiliato e isolato dal contesto internazionale.