Manuel Teles, interpretazioni
Guida all’ascolto, titolo imbarazzante per un amateur, un dilettante come il sottoscritto fabbricatore d’immagini, come si considera: con quale diritto occuparsi di introdurre i compositori scelti da Manuel Teles per regalarci alcune delle sue interpretazioni? Ma in arte non esistono confini, come non ne esistono nell’umana scatola cranica. Il miscmasc neuronico è appannaggio anche dei cretini come me, appassionati ascoltatori, ma anche convinti sostenitori che la specificità del linguaggio elettivo si alimenta comunque a trecentosessanta gradi, cioè attraverso tutti gli organi del contatto col mondo donatici da Domeneddio per esistere e soprattutto per comunicare: l’orecchio è fra questi; non ultimo.
Contemporanei, l’anagrafe non c’entra
La Musica dei pezzi scelti da quest’esecutore nel Cd di cui sto facendo pubblicità (ohibò) è tutta dei nostri giorni, anche se alcuni dei compositori potrebbero essere benissimo padri o addirittura, come il sottoscritto, suoi nonni. E qui vorrei spezzare una lancia in favore della classicità: l’anagrafe in arte non mi interessa. Ascolto Quella della Fuga esattamente come l’ultima composizione del non ancora quarantenne Vincenzo Parisi (E gridare…). Ridimensioniamo per favore il mito molto contemporaneo del contemporaneo: il contemporaneo ha come non ultimo compito quello di aiutarci oggi ad ascoltare Bach o Monteverdi attraverso tutti i grandi artisti 1 – compresi i visivi, sottolineo – che hanno lavorato dopo di loro; niente di meno.
Un confronto
Ma cerchiamo di essere più specifici. Per esempio, ho ascoltato l’interpretazione di Tracce eseguita dal norvegese Nyström non molti anni fa e poi quella di Teles e ho avuto conferma della grande responsabilità che hanno gli interpreti nei confronti di un compositore, della loro libertà di manovra nell’eseguire uno stesso pezzo musicale. Nello specifico ho trovato il primo eccessivamente preoccupato della contemporaneità della composizione, di rendere cioè l’indiscusso penchant del giovane Francesconi nei confronti del Jazz, mentre nel secondo quest’amore arretra, per accogliere invece la sensibilità introdotta potentemente da Berio e presente poi in tutte le composizioni successive di quest’autore.
Allora cosa è il contemporaneo per un amateur se non un nuovo modo, più allargato, più dotto e più colto di ascoltare un pezzo? Dell’anagrafe ce ne freghiamo, ci interessa semplicemente la costruzione, ambigua, sempre discussa, sempre rinnovabile e aperta di ciò che aspira a diventare classicità. Viktor Šklovskij diceva2 che la cattedrale dell’arte è costruita con le pietre delle eresie artistiche. Vero, ma io sottolineo nel suo aforisma la parola Cattedrale.
L’ancia, il suono
Tirem innanz3: sono onorato che Teles m’abbia incaricato di introdurre alcuni dei suoi pezzi di bravura al sassofono e non so se sono all’altezza del suo ascolto: ho registrato la presenza di un’ancia capace di passare improvvisamente, nella composizione di Bochmann (Essay XIII), dai toni dolci, atmosferici, a quelli “gridati” da un soffio potente e un uso dello strumento estremamente colto, quando, come ho detto prima, deve interpretare il primo Francesconi (Tracce è di quasi quarant’anni fa) alla luce delle sue composizioni successive.
Per tornare al concetto di cultura dell’ascolto, l’epoca è chiaramente presente nella composizione del portoghese Bochmann (classe 1946), perché il clima della dittatura salazariana ha lasciato le sue impronte evidenti nella cupezza della prima parte del pezzo, cupezza che va progressivamente sciogliendosi nella seconda: l’arte, lo sappiamo, è soprattutto catarsi, se no che ci sta a fare? Il pezzo di Oliveira, più giovane del collega portoghese di quattro anni, sembra addirittura composto prima della tragedia della seconda Guerra mondiale e impegna l’interprete in un virtuosismo di pianissimi in accordo proprio allo spirito del Fado, ma ricco di sfumature che non si incontrano nel canto popolare. Sarebbe idiota cercare di sostituire con le parole ciò che la musica esprime direttamente con il timbro generato dall’ottone dello strumento, per esempio il suo modo di produrre il pizzicato degli archi con improvvisi stacchi ecc, presenti soprattutto, ma non solo, nei pezzi di Parisi e di Sciarrino.
Manuel Teles, dal barocco al contemporaneo
Non è da tutti passare dalle intemperanze del primo, molto attuali, molto postmoderne, all’evidente influenza nella musica di Francesconi di un compositore come Berio, sia in Tracce che in Notturno. E’ evidente il lungo esercizio necessario a rendere tutte le potenzialità di uno strumento. Si può apprezzare in pieno la gamma di sfumature possibili, dal colpo netto al sottilissimo fiato sussurrato nel tubo metallico, soprattutto nell’interpretazione dell’ultima delle composizioni: riusciamo a cogliere la sicilianità di Sciarrino, l’importanza dell’influenza del barocco nelle sue leggerissime invenzioni.
Proprio quest’ultimo pezzo motiva l’invito che Teles mi ha fatto di partecipare attivamente alla messa in funzione del suo Cd: se L’orologio non è descrittivo e molto visivo, mi ritiro in buon ordine, ma anche nella musica dei due portoghesi rappresentati (Bochmann e Oliveira) l’ambiente locale è evidente. E’ quasi superfluo ricordare quello in cui visse l’autore moderno più importante di tutto il Portogallo. Per suffragare il mio discorso iniziale sottolineo che si tratta di uno scrittore4: la scatola cranica umana al suo interno non ha confini.
Ah, dimenticavo: Manuel Teles ha vent’anni (21, per la precisione e per il discorso sulla contemporaneità!)
Manuel Teles, Lisboa-Milano, edizione Stradivarius (Cd in via di pubblicazione).
- Ricordo che Cage e Scodanibbio sono autori, fra tanti, di splendidi d’après dai Madrigali di Monteverdi
- Ne La mossa del cavallo, 1923
- Per non dimenticare gli eroi: celebre frase in milanese pronunciata da Amatore Sciesa, costretto dagli austriaci, prima dell’impiccagione, a passare in manette davanti a casa sua perché si decidesse a denunciare i compagni cospiratori: “Passiamo oltre” (1848)
- Fernando Pessoa, alias Alberto Caeiro, alias Riccardo Reis, ecc, autore, sottolinea Oliveira nel suo pezzo, del Dessassosego