I.a
Brillano le labbra sul petto di fuoco
bianco turgore dell’alba; ora nel folto
sogno del corpo: occhi per sguardi
piumati, zigomi lattescenti, labbra contratte.
Al fine, fanciulla di Hamdīs, che hai sparso
essenze d’abir sul tuo seno, puoi offrire
all’amante: neolitiche fragranti mele e
disporre, sul tuo ventre, ciuffi di salice purpureo.
I.b
Cogli all’istante la coppa di vino con muschio
giunto dai Nèbrodi, poi miele dagli
altopiani iblei e capolini gualciti di camomilla
offerti alle fiamme solari. Si odono gridolini
lungo le rive marine, un torcersi di nastriformi
dita, crudelissimi artigli solcano la pelle rovente.
II.a
Gli occhi, soltanto gli occhi,
raccontano del volto di Ğawhara
della sua morte per acqua, di lei, fanciulla
dalle pupille bagnate nel kohl .
Il mio pensiero, conchiglia lucente
la raccoglie dagli abissi jonici, lei
vestita di gorgonie, crinoidi i suoi capelli.
II.b
Il suo respiro è sepolto; un grumo fossile
imbriglia il cuore di chi l’ha amata.
Fluttuante, suona il cembalo delle acque,
fragile cimba ricolma di suoni, voci e tocchi
d’amori leggeri, anatolici grida di coribànti.