The Unpublished / The devil’s tail – La coda del diavolo (3)

Terza parte del poema di Fausta Squatriti La coda del diavolo
Il terzo gruppo di poesie di Fausta Squatriti, La coda del diavolo
Un primo e un secondo gruppo di poesie del poemetto La coda del diavolo sono stati pubblicati su FYINpaper il 14 aprile 2021 e il 6 agosto 2021, con introduzione di Carmelo Strano che ha tradotto in inglese, in quell’occasione, la poesia “Ma come rendere” (nel primo gruppo) e “Inaspettato ospite”(nel secondo gruppo). In questo terzo gruppo di poesie viene tradotta “Strappa”.
The third group of poems by Fausta Squatriti, La coda del diavolo
A first group and a second group of poems composing the Poemetto La coda del diavolo have been published in FYINpaper on April 14, 2021 and August 6th 2021. They  bore an introduction by Carmelo Strano as well as his translation into English  of the poem “But how to make” (in the first group) and Unexpected guest (in the second group). For the following third group the critic Has translated Here  he translated “Snatch”.

  

Strappa ruba nascondi.

Strage rigenera commerci:

zanne pelli diamanti piume

legni rocce?

Palazzi chiese strade.

Alleanza bislacca

sulla pelle del globo

da mani inesperte tatuata

se ne muore.

Di beatitudo  han perso la faccia

al risveglio da notti corte

nel dubbio soffoca

ogni misura.

Prudenza annoiata

a sorpresa vince la gara.

 

Snatch steal hide.

Massacre makes trade reborn:

fangs skins diamonds feathers

woods rocks?

Buildings, churches, streets.

outlandish alliance

on the globe’s skin

that inexperienced hands tattooed

eventually dies.

They stopped showing their beatitudo face 

upon awakening from short nights

every measure vanishes into doubt.

Surprisingly

bored caution

wins the race.

 

Della cena l’avanzo

conservato per dopo

se ci sarà tempo.

E quale clemenza incide

lapide desueta

al suo stesso epitaffio

nel vicolo dei pezzenti?

Il peggio

deve arrivare.

Il sangue ricusa la corsa

accerchia  intuizione.

Ti avevo detto

di respirare

normalmente.

Di belle intenzioni s’ingozza

il Palazzo

mentre il piccolo globo

delira.

 

Improvvisare metafore,

preghiere

appello imperfetto.

Meglio sarebbe

all’osanna rinunciare

per ogni volubile spiegazione

nel risucchio

di segni desueti

in pompa magna serviti.

Zuccherose provocazioni

nella dovizia

dell’ombra.

Chiudere la porta di casa

a dedica inesatta,

scheletrico artificio

e barocca trasgressione.

Come nell’ umido giaciglio restare?

Sistemare

per i primi giorni

residua liturgia.

Indifferenza

tra molli braccia

se ne frega del lume,

nei riccioli nasconde

canone in disuso

sguazza, ride, fuori dal coro.

Angustia della mente

per  gioco stringe il cappio.

 

Sperata equità divarica

desiderio,

alla malora

nel polveroso margine

dell’orlo in fretta ricucito.

Stile litiga con Desiderio

nel tempo amaro

smania.

Consunta è

l’ultima carta bianca.

Altri colori sciamano

slabbrati

ansiosi

nell’angusta  misura,

Cronos non vuole più contare.

Sintassi impaurita

dal suo stesso linguaggio

svuota della fame la ciotola

e sulla pagina

annota

nuove congiunzioni

di  senso.

 

Segni desueti

in pompa magna serviti

oggetti da museo

nell’ombra frantumati.

Più in fretta

senza storie

fuori campo

sbagliare  le preghiere

dividere  i cieli.

Meglio sarebbe

all’osanna rinunciare.

Dissapore di passi

a rovescio

del secolo breve

boccheggia il rendiconto.

Tra coltri sudate

Ragione

cambia padrone.

Energia sperata cercata

divarica desiderio

alla malora

nel nuovo margine

in fretta ricucito.

Stile adirato

smania

della  zavorra lo sbarco.

Nel tempo amaro

il debito si azzera con un rigo solo.

Rimane

impreciso conteggio

di debiti e crediti

al passo

di conti truccati.

 

Teologali Virtù

nel ricco salotto sgocciolano

dove capita.

Era anche peggio.

Divina punizione elargisce

nuovi malanni

sul ciglio sconnesso

del breve futuro

amore

disperde il seme.

Gira svita

e domanda:

ma dovremo proprio penare

anche da morti?

Salvare il salvabile

cercare  strumento alla misura

precisare la meta prima di

vagare,

considerare

assennati amplessi.

Sopravvive

stonata cantilena.

 

Povere vite sconfitte

memento e compianto

nell’irata  assemblea:

la revisione del progetto

sarà dimenticata.

Dopo l’assoluzione

accadono

alcuni incidenti.

Come non farlo?

Piccolo globo

mastica fiele, insegue

quel poco che resta

ossequia  favori e scambi.

Tra sazietà e fame

tanto per fare un esempio:

nel tratto breve e troppo lungo

la  guida assegnata

assicura che

passato il guado

tutto sarà finito.

A fin di bene

la mente rifugia nell’angolo ottuso.

Pochi stracci in due dita d’acqua

nella fuga  smarriti.

Desiderio

di se stesso privo

ricusa momenti migliori.

 

Ancora Cibo della mente

smaltito  come tossico  rifiuto.

Bagagli scorie traffici energia:

Speranza svuotata

di ogni plausibile scusa

volta pagina in fretta.

Sommario  processo

sollecita  nuova versione dei fatti.

Muri alti quanto basta.

Solo per oggi

Origine sia gemellata a Fine

e s’incoraggi nuova semina

là dove mala pianta insinua

ecumenico  amplesso.

Sia oggi di precetto

dissodare  concimare

estirpare

di belle promesse

la semenza.

Del Bene l’infarto celebra

Requiem senza corpo.

 

Gloria di momenti pazzeschi

brandisce Desiderio,

fatica la presa

stordita

nella guazza si sciupa.

Poche anime belle

affrontano  il guado sapendo.

Ma come rendere

Innocenza a Sapienza

e spazio calcolato

in base a Tempo

e Tempo calcolato in base

a Desiderio?

Passo dopo passo

sui sassi più lisci.

 

Abbandona  pesanti fardelli

incoraggia Desiderio

fino al collo nei debiti.

Rimandare a momenti migliori?

Despoti e poeti

confondono  il confine

e dell’orto secco

si compiacciono:

così saremo a pari.

Nell’almanacco della Memoria

rigogliosa fronda

protegge

della matita il tratto sottile.

 

Fiumi di sangue

nella solitudine del profitto.

Parche sfinite

lasciano Fato a se stesso

lente

tra  sentire e ragione

consumano calzari introvabili

avanti e indietro

senza contento.

Il povero Sentire

nato allevato al gelo,

sgomita arraffa

commestibile  avanzo.

E di quale speranza incidere

l’epitaffio?

La spazzina nel suo lercio mantello

scorrazza  tra valli e pianure

valica monti

precisa maneggia la falce

all’occhio di luna.

Ignorata derisa, Virtù

tra scarti di cucina

piange.

Carità malaticcia  zampetta

su terra indurita

si sazia di placebo.

Del Diavolo il trillo

intona il Magnificat.

Equità respira piano

lavorare  non sa,

a Speranza si congiunge

svaligia

ogni spendibile attributo,

scodella molesti consigli.

E come dormire sonni tranquilli?

Maltempo soffia

nell’alto dei cieli.

Ridere.

 

Verbo in gola ricacciato

nudo al ramoscello s’ aggrappa,

schifa  nettare

su bocca di latte,

da corrotti superstiti

salvato

le ossa dei vinti deve pesare.

Inguaribile nevralgia

aspetta in riva al fosso.

Solo per oggi

Origine sia gemellata a Fine

nuova semina incoraggi

nell’avaro solco la mala pianta.

Sia di precetto

estirpare

passi ignoranti

gonfi di promesse.

Infarto del piccolo globo

nel bollore

sbrodola liquidi non identificati.

 

E chi decide

quando cambiare

l’infetta benda?

Nessuna buona intenzione

oppone  suffragato intruglio

alla ricetta.

Brusio per pigrizia declina

dilemma,

e macchia sospetta

a quasi tutto

rinuncia.

Uccidere è concesso.

 

Consunto è l’ultimo foglio bianco.

Altri colori sciamano

slabbrati

ansiosi

nella  misura.

Cronos

dal suo stesso linguaggio

svuota la ciotola

e sulla pagina

annota

nuove congiunzioni  di  senso.

 

In pompa magna serviti

nell’ombra

derubati.

Più in fretta, senza storie

sbagliare  preghiere

dividere  i cieli.

Meglio sarebbe

all’osanna rinunciare.

Dissapore di passi

a rovescio,

del secolo breve

boccheggia il rendiconto.

Tra coltri sudate

si cambia padrone.

 

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