Since the 1980s onwards the multiplication of economic ties seemed to be able to promote a cooperation between areas of the world that had hitherto been relatively autonomous. But it wasn’t so. The current dramatic Ukrainian war confirms show that globalization has not cancelled the competition. On the contrary, the relations between the major political actors resulted paradoxically complicated. There is a variable geometry that provokes the possibility for two states or two blocks to be allies and enemies at the same time.
The European Union condemns the Russian aggression on Ukraine, but continues to finance Moscow by buying Eastern oil and gas. The US is on a war footing with Beijing because of the Taiwanese dispute. But the US continues to import from Taiwan mineral resources to power its own computer industry. The Chinese and the Russians are officially allies against Western democracies, but compete for control of parts of the African continent and South America. India shares the US hostility towards Beijing, but refrains from condemning Russia in order to maintain the historic relationship of cooperation with Moscow.
What are the consequences of this geopolitical schizophrenia? In the first place, alliances and competitions are no longer defined according to the nationalistic oppositions, as it occurred in the past. Rather, they run in relation to individual objectives that the states set out to achieve. Secondly, the vulnerability of each single area in relation to a production and commercial point of view is growing dramatically. And you feel you are dealing most alarming aspect of the situation. Actually, the greater the vulnerability, the greater the dangers of using weapons. And the nuclear weapons of the great powers would be absolutely lethal for everyone.
To control this complicated intertwining of cooperation and competition, we need a global “compass” and the will to use it. The UN and other international organizations should govern complexity and be endowed with greater powers than they currently do. But from the time of Trump onwards, exactly the opposite seems to have happened. Disarmament, or at least arms control, are relics of the past and the world proceeds on sight, without pursuing a global perspective. It looks like a train running in a dark tunnel on tracks with an unknown destination.
Un mondo rovesciato e ammattito
La vulnerabilità economica degli Stati genera caos.
A partire dagli anni Ottanta si è pensato che la moltiplicazione dei legami economici avrebbe promosso la cooperazione fra zone del mondo fino ad oggi relativamente autonome. Ma così non è stato. I fatti drammatici dell’attuale guerra in Ucraina mostrano dolorosamente che la globalizzazione non ha cancellato la competizione. Al contrario ha complicato in maniera paradossale le relazioni fra i maggiori attori politici. Si profila un mondo a geometria variabile in cui è possibile per due Stati o due blocchi essere contemporaneamente alleati e nemici.
Effetti della globalizzazione. L’Unione europea condanna l’aggressione russa all’Ucraina, ma continua a finanziare Mosca acquistando il petrolio e il gas dell’Est. Gli Usa sono sul piede di guerra con Pechino per il contenzioso su Taiwan. Ma continuano a importare risorse minerarie dalle sue “terre rare” per alimentare l’industria informatica. Cinesi e Russi sono ufficialmente alleati contro le democrazie occidentali, ma competono per il controllo di parte del continente africano e del Sudamerica. L’India condivide l’ostilità degli Usa nei confronti di Pechino, ma si astiene all’Onu dal condannare la Russia per mantenere lo storico rapporto di cooperazione con Mosca.
Quali conseguenze ha questa schizofrenia geopolitica che deriva da una crescita della vulnerabilità? In primo luogo alleanze e competizioni non si definiscono più come in passato sulla base di contrapposizioni nazionalistiche. Piuttosto prendono forma in rapporto a singoli obiettivi che gli Stati si propongono di raggiungere. In secondo luogo cresce a dismisura la vulnerabilità di ogni singola area dal punto di vista produttivo e commerciale. Ci sembra questo l’aspetto più allarmante della situazione, in quanto maggiore è la vulnerabilità maggiori saranno i pericoli di ricorso alle armi. E con gli armamenti nucleari delle grandi potenze questa possibilità si rivelerebbe letale per tutti.
Per controllare questo complicato intreccio di cooperazione e competizione che deriva da questa vulnerabilità urge una “bussola” globale e la volontà di usarla. L’Onu e le altre organizzazioni internazionali dovrebbero governare la complessità ed essere dotate di poteri maggiori di quelli attuali. Ma dall’epoca di Trump in poi sembra accadere esattamente il contrario. Il disarmo, o almeno il controllo degli armamenti sono reliquie del passato e il mondo procede a vista, senza perseguire una prospettiva globale, come un treno in corsa in un tunnel buio su binari a destinazione ignota.
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