Gli interessi del mondo occidentale iniziarono a divergere da quelli cinesi e i sostenitori della protezione delle economie nazionali dall’aggressività commerciale di Pechino trovarono sempre più consensi nell’opinione pubblica.
La situazione peggiorò a partire dal 2012, con l’ascesa di Xi Jinping alle massime cariche della Repubblica popolare. Xi agì energicamente in tre direzioni. Combatté duramente la corruzione all’interno del Partito, centralizzò al massimo il potere, assumendo egli stesso numerose cariche. Spinse per accrescere la presenza della Cina su scala planetaria, anche come potenza militare.
Infine, a partire dal 2013, lanciò il colossale progetto di una nuova “via della seta”: infrastrutture stradali, ferroviarie e marittime afferenti ai porti dei continenti euroasiatico e africano. Progetto a quale avrebbero potuto collaborare i Paesi disponibili a cedere all’assertività di Pechino, naturalmente fruendo dei relativi benefici economici.
Benefici che potrebbero trasformarsi nel loro opposto per molti Paesi africani che hanno ottenuto prestiti e i finanziamenti cinesi. La cosiddetta “trappola del prestito” si potrebbe innescare se non saranno in grado di restituire quanto ricevuto. Tutto ciò mentre la presenza militare cinese, in Africa, cresce costantemente.
Xi Jinping non ha fatto mistero dell’incompatibilità del regime politico cinese con i sistemi democratici occidentali, rivendicando per il Partito comunista cinese il monopolio del potere in ogni ambito. La prospettiva che Pechino possa esportare i propri metodi di governo, totalmente illiberali e antidemocratici, nelle aree del pianeta che progressivamente va a influenzare economicamente, non può che generare preoccupazioni nell’opinione pubblica occidentale.
Tanto più perché Xi dà per scontato che la Cina sarà in breve la maggiore potenza planetaria, capace di orientare le scelte politiche globali.
Il governo di Pechino, fra il 2015 e il 2019, ha promosso un’intensa propaganda politica all’estero, servendosi di Istituti di cultura cinese, di social media, di reti televisive internazionali.
Infine ha accresciuto la pressione militare sull’area del Mar Cinese Meridionale, generando grande inquietudine negli ambienti diplomatici e negli Stati maggiori.
Dall’engagement alla competizione globale e alla sospensione del multilateralismo.
L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Usa ha prodotto un brusco cambiamento. Le esportazioni cinesi sono state limitate da pesanti dazi doganali ed è iniziata una guerra commerciale che ha coinvolto anche la Ue.
Il principio del libero scambio sembra essere entrato in crisi e con esso il multilateralismo che aveva caratterizzato i rapporti Occidente-Cina.
Ci si augura che queste contrapposizioni, tanto radicali, rappresentino una fase di aggiustamento delle relazioni economiche planetarie e che dalle crescenti tensioni non nascano nuovi conflitti armati.
Negli ultimi anni, inoltre, si sono aggravate le tensioni strategiche e militari determinate dalle pretese cinesi in Estremo Oriente. Nelle Filippine sono frequenti le proteste popolari per l’avanzata militare di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, su arcipelaghi che Manila ritiene soggetti alla propria sovranità.
Anche il Vietnam, la Malesia e il Brunei rivendicano il possesso di isole, spesso solo rocce emergenti dall’acqua, che i cinesi stanno militarizzando pesantemente.
L’Indonesia lamenta la presenza di decine di pescherecci cinesi, scortati nelle sue acque territoriali dalla guardia costiera di Pechino, presso le isole Natuna. Jakarta, incoraggiata dal Vietnam e dalla Malesia, ha mobilitato navi da guerra e aerei da combattimento.
Gli Usa rafforzano costantemente la loro presenza militare nell’area e vendono massicci quantitativi di armi ai Paesi che potrebbero subire l’aggressività di Pechino.
I motivi del grande interesse sul Mar Cinese Meridionale sono diversi. Certamente la ricchezza del patrimonio ittico e i giacimenti di gas. Ma, in primo luogo, la posizione strategica dal punto di vista sia militare che economico: attraverso quel mare transita circa un quarto del commercio mondiale. Il suo controllo è dunque fondamentale.
Senza dimenticare, poi, la questione di Taiwan, considerata una provincia cinese ribelle, destinata a essere riportata all’obbedienza ad ogni costo, inclusi la guerra e l’invasione dell’isola.
Gli Usa hanno dichiarato che non lo permetteranno. Le esercitazioni militari aeronavali si susseguono a ritmi sempre più incalzanti e non sembra che fra i contendenti ci sia spazio, e soprattutto volontà, di trattativa.
Bibliografia
G. Smarani e M. Scapari (a cura di): Verso la modernità, in: M. Scapari (a cura di), La Cina, Einaudi, 2009
H. McAleavy: Storia della Cina moderna: dalla dinastia Manciù alla Rivoluzione culturale, Città di Castello, Odoya, 2019
Ka. Vogelsang: Cina: una storia millenaria, Einaudi, 2014.
M. Sabattini, P. Santangelo: Storia della Cina, Laterza, 2010.