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1) Quando cambia il modo di produzione cambia TUTTO:
la relazione uomo e mondo, tra gli uomini e le cose e tra gli uomini e gli altri uomini; …cambia la politica, il modo di pensare, la funzione dei saperi, la determinazione dei valori sia economici che sociali; …cambia persino il modo in cui si dà la soggettività; …cambia la stessa organizzazione dello spazio e del tempo; …cambia il rapporto con ciò che chiamiamo territorio, ambiente, paesaggio… società.
Quando cambia la politica, cambia l’organizzazione stessa dei territori: confini, limiti, usi, ideologie…
Siamo definitivamente passati dal modo di produzione industriale al modo di produzione digitale. E’ allora necessaria una critica dell’economia politica del modo di produzione digitale per cogliere e governare i nuovi conflitti, i pericoli e le potenzialità implicite ed esplicite.
Quando avviene un cambiamento, sempre qualcosa RESISTE. Ciò che resiste è più pericoloso di ciò “che viene”. Si resiste sia con i pensieri che con le azioni. Il nuovo chiede di imparare a disimparare, richiede un reset.
2) Differenze tra il modo di produzione industriale (ind.) e il modo di produzione digitale (dig.):
ind. il mondo è a disposizione e viene manipolato grazie alla tecnica dig. il mondo è un ecosistema e la tecnica gli è simbiotica
ind. uomo e mondo sono indipendenti
dig. uomo e mondo sono una totalità
ind. la tecnica è un fine
dig. la tecnica è un mezzo per un fine
ind. produce prodotti
dig. governa processi e informazioni
ind. rifiuta il caso e si vuole previsionale
dig. agisce accettando il caso e le occasioni: è kairetico
ind. si impone come lineare: prefigura, finalizza, iperdetermina; si giustifica
con l’idolatria della storia e della tecnica
dig. è retroattivo e circolare: aleatorio, aperto al possibile, fluido e non ha
bisogno di alcuna idolatria; non ipostatizza una relazione di necessità tra ontologia e storia
ind. predomina l’intelligenza e la creatività privata
dig. fa interagire l’intelligenza e la creatività collettiva
ind. il soggetto è privato e identitario
dig. il soggetto è collettivo e dissipativo
ind. il soggetto è autonomo
dig. il soggetto è eteronomo
ind. è dominio competitivo
dig. è per propria natura social; è nelle sue stesse logiche formali
ind. i beni e i valori sono rivali
dig. i beni e i valori sono collaborativi e tendenzialmente pubblici
ind. gli utenti sono consumatori
dig. gli utenti sono nodi di una o più connessioni
ind. domina la meccanica
dig. domina la cibernetica
ind. centrale al sistema è il trasferimento tecnologico
dig. sistemico è il trasferimento dei saperi
ind. ciò che è materiale è separato da ciò che è immateriale. Distinzione
teoria e prassi
dig. materiale e immateriale sono collaborativi. Unione teoria e prassi
ind. scienza e arte sono metafisiche rivali
dig. scienza e arte sono olistiche
ind. a determinare il valore delle merci è la materia prima, il tempo di lavoro,
etc. etc.
dig. il valore è determinato dalle dinamiche dell’immateriale
ind. la struttura determina la sovrastruttura
dig. non si dà distinzione tra ciò che si fa e ciò che si pensa
ind. il conflitto sociale è tra capitale e lavoro
dig. il conflitto è sulla “vera e falsa vita”, è biopolitico
ind. pianifica
dig. accompagna
ind. prefigura e intermedia
dig. disintermedia e ricompone
ind. l’innovazione si presenta come volontà di potenza; è accumulativa
ind. l’innovazione è esito di ricombinazione di elementi in
libertà è kairetica
3) Il digitale è:
- sapere che tutto (ripeto tutto) è informazione, è bit
- sapere che ogni materia può diventare informazione e ogni informazione materia
- provare la tecnica oltre lo standard. La tecnica può anche non rendere tutto equivalente, anzi!
- per il digitale tutto il mondo, con tutto ciò che lo connota, è semplicemente un dato
- ogni atomo può diventare un bit e ogni bit può diventare un atomo
- per il digitale l’intelligenza è sempre e inevitabilmente artificiale e la tecnica è sempre logotecnica
- provare a includere nel presente il passato e il futuro
- tendenzialmente (per quanto possibile) un pensare che fa e un fare che pensa
4) Essere smart significa:
- essere continuamente in gioco
- essere in uno stato permanente di relazione, quindi in rete
- nella relazione, essere disponibili sempre per qualcosa di imprevedibile
- nel contempo, che ogni processo cambia nel contesto e per il contesto
- che ogni fenomeno ha una moltitudine di indotti e che ogni teoria degli indotti, e quindi delle relazioni potenziali, non può che essere anche una pratica
- che i saperi, inevitabilmente e sempre, strutturano e sono in relazione e quindi non sono altro dalle tecniche
- conoscere le regole del gioco per provare a “spiazzarle”. Fare la mossa imprevedibile, visto che nulla può essere dato per scontato
- saper trasformare il complesso in semplice e il semplice in complesso
- considerare ogni sintesi a sua volta come processo e come scenario
- chiedersi perché un battito di farfalla nelle foreste dell’Orinoco può determinare una tempesta a Tokio
- sapere che l’intelligenza è potente quando è strategica
- che possiamo essere liberi perché l’intelligenza, quella collettiva, ce lo permette
- che per fare arte non necessariamente ci vogliono gli artisti
- che conoscenza e creatività sono inevitabilmente pubbliche e relazionali
- che le cose ci parlano e che quindi “forse” pensano (di fatto l’intelligenza nasce nella relazione con loro)
- che le abitudini, come i pregiudizi, sono tali perché si possono cambiare
- che l’innovazione può essere dovunque, nel micro come nel macro
- che le reti sono per propria natura intelligenti e che proprio per que- sto si possono espandere, ridurre, inventare
- che tutto ciò che è può essere smart
- in quanto relazione, che tutto è sociale
- intrecciare saperi
- che tutto si può condividere
- immaginare dovunque sensori e attuatori, stimoli e risposte
- sapere che la tecnica non è il tutto, ma che può risolvere tutto
- che la suddivisone tra soft e hard è fondamentale ma non necessaria
- che il soft può continuamente reinventare l’hard e se stesso;
- mettere in relazione il grande e il piccolo. Smart è glo-cale;
- non puntare sulla competitività, ma sull’inclusione: collaborare anziché competere. Smart è, per propria disposizione, politica.
- provare ad essere (mentalmente) liberi
- includere il digitale perché oltre il digitale
5) Terra/ territorio/ ambiente/ paesaggio
Il mondo è la totalità dei fatti in forma di bit; è l’insieme di tutto ciò che è materiale e immateriale. E’ ciò che è dato e nel contempo è ciò che è possibile. E’ noosfera, cioè un algoritmo che tutto comprende. Il mondo è in-formazione tra internet, cloud, big data.
Il territorio non è più ciò che dà identità o ciò che può garantire i cicli produttivi (recupero materie prime, dispositivi per facilitare le mobilità, stratagemmi come le frontiere per la determinazione di valori economici, etc. etc.). Il territorio non è più una variabile dipendente del sistema economico e politico; non vale più il principio che modificando l’assetto territoriale si modifica l’assetto politico. I territori sono variabili indipendenti, recettori di istanze sociali, politiche ed economiche che intercettano valori immateriali, narrazioni e giustificazioni valoriali, sono i nuovi soggetti politici che si stanno configurando al di là della tradizionale forma Stato.
L’ambiente è l’insieme delle relazioni potenziali, sta assumendo una forma organica, come nella metafora Gaia. E’ l’insieme di tutti gli indotti possibili.
Il paesaggio, come detta la Convenzione Europea, “…designa una determinata parte del territorio, così come è percepito dalla popolazione, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. La Convenzione prevede di considerare tutti i paesaggi, indipendentemente da prestabiliti canoni di bellezza o originalità, ed include espressamente “…i paesaggi terrestri, le acque interne e marine …sia paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia paesaggi della vita quotidiana, sia paesaggi degradati”. Il paesaggio non esiste, è semplicemente un modo di percepire (in forma immateriale) il proprio intorno.
6) E’ da qui che parte la mia riflessione sullo SMART LAND, con una considerazione che risale a Carl Schmitt (con tutti i problemi che questa evocazione provoca): “non esistono idee politiche senza uno spazio a cui siano riferibili, né spazi o principi spaziali a cui non corrispondano idee politiche”.
Oggi l’organizzazione dello spazio (vedi sia la globalizzazione -le guerre territoriali in corso, piuttosto che l’impossibilità di avere frontiere, la questione Europa sì Europa no – che, a livello italiano, la questione smottamento regioni, province, città metropolitane, etc. etc.) si sta modificando, mentre le categorie del politico (e quindi anche le prassi della politica) permangono negli assetti preesistenti creando conflitti sui conflitti.
E’ più pericoloso ciò che resiste piuttosto che ciò che viene.