VITALDO CONTE –
Ho scritto il tuo corpo come arte di desiderio, vivendolo con te nella mia casa di Roma. Ho esposto l’immagine come opera d’arte a Parigi: tu mi hai inviato in dono rose rosse di desiderio. La rosa rossa è diventata oggi il tuo corpo scritto nel sogno in Grecia su statue di dee.
VITALDO CONTE – Negli ultimi decenni, la corporeità assume, in Europa e in Oriente, una sempre maggiore rilevanza nei percorsi d’arte. La pelle può divenire la tela bianca dell’artista e la pagina bianca dello scrittore. Il corpo non ha nella pelle il suo confine ma il suo inizio: può essere scritto con le lingue della creazione, attraversando le pulsioni del desiderio. Lo rileva Roland Barthes: “Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. (…) Il mio linguaggio freme di desiderio”. La pelle può tramutarsi così in carta e pergamena, tela o partitura: da scrivere, di-segnare, suonare, dilatare in un estremo testo che vuole vivere fino alle proprie abrasioni.
La pelle è un organo di senso che rende ricettivo il corpo nei colloqui con il suo ambiente. Tommaso Marinetti, nel suo Manifesto futurista Il Tattilismo (1921), letto al Théatre de l’Oeuvre di Parigi, racconta la nascita dell’arte del tatto che apre la strada verso “paesaggi sconosciuti”. Invita a “scoprire nuovi sensi” e a rieducare il tatto, a lungo trascurato.
La vita e l’arte possono relazionarsi in un rapporto epidermico di continuità. Man Ray, in Violon d’Ingres (1924), è uno dei primi artisti a utilizzare la scrittura sul corpo. Ha usato non la manualità ma i caratteri tipografici sul fotogramma del corpo nudo di Kiki, la modella-amante. Sulla sua schiena spiccano due segni ad effe, che interagiscono sulla sagoma per richiamare il disegno del violoncello, diventando così immagine di uno strumento da suonare. La contiguità fra atto scritturale e pittorico, con la materialità corporale del linguaggio, è individuabile ne La Magie Blanche, disegno di René Magritte (1936), in cui la parola écrire è tracciata dal pittore, che vi si raffigura su un corpo femminile, per indicare che la superficie d’iscrizione simbolica del linguaggio è la carne dell’immagine.
Il corpo come supporto di molteplici segnaletiche è presente nell’arte del secondo Novecento: nei giapponesi del Gruppo Gutai; in Piero Manzoni che firma il corpo di una modella nuda come Scultura vivente (1961); in Yves Klein, ecc. Nelle espressioni dell’arte italiana degli anni ’70 ci sono significativi esempi di scrittura del corpo-pagina: Ketty La Rocca, Guglielmo Achille Cavellini, Claudio Parmiggiani, Tomaso Binga.
Per quanto mi riguarda, il corpo-alfabeto rappresenta la mia sigla espressiva con la lettera V del mio nome (1981). Questo diviene lettera-volo, performativa e grafica, attraverso il movimento del mio corpo.
La corpo-grafia è una lingua di creazione fluttuante che può essere scritta dal desiderio del suo autore attraverso le parole. Io stesso, teorizzando sul desiderio che vuole debordare dai limiti del supporto, incontro donne che offrono il proprio corpo per essere “segnate” da me. Alcune di queste, negli anni ’90, vogliono diventare, attraverso la propria pelle, pagine e tele di SottoMissione d’Amore: in questo mio libro (2007) ci sono immagini di alcune di queste mie amanti. A Roland Barthes dedico Toi mon Texte du Désir: mostra personale sui miei corpi-testi di desiderio a Parigi (G Satellite) nel 1999.
L’epidermide scritta o dipinta può divenire pratica erotica e ricerca interiore. Il rapporto di corpo-scrittura nasce nella tradizione calligrafica orientale, in cui il gesto dello scrivere diventa estensione di sé e incontro. Barthes, in un viaggio in Oriente, scopre i piaceri della calligrafia come traccia fisica del corpo e unione di questo con il testo.
Il volto della piccola Nagiko, la protagonista del film I Racconti del Cuscino (The Pillow Book, 1996), viene segnato, con un poemetto augurale, nel giorno di ogni compleanno da suo padre, un calligrafo. Divenuta donna, la induce a cercare un amante scrittore che sappia usare il suo corpo come carta. La ricerca dell’amante calligrafo ideale trasmuta Nagiko da carta di pelle a essere lei stessa la penna, usando il corpo degli uomini offertisi come pagine di un libro. Questo film è scritto e diretto dal regista e pittore inglese Peter Greenaway, che adolescente rimase suggestionato dall’opera Note del guanciale della scrittrice Sei Shonagon, dama di corte dell’imperatrice Teishi, alla fine del X secolo.
L’ideogramma, per il suo carattere espressivo, si presta a divenire di-segno sulle pagine di una corporeità. Un esempio recente è espresso dalle fotografie Family Tree (2000) dell’artista cinese Zhang Huan.