Una testimonianza di Carmelo Strano, a mo’ di premessa
Vitaldo Conte è un mattatore in quest’ambito di ricerca, spesso incrociandosi con quel luminoso personaggio sui generis che fu Filiberto Menna. Come si sa, il più originale antesignano, nel mondo “contemporaneo” (ormai va messo tra virgolette), è Guillaume Apollinaire, particolarmente con i suoi versi palindromi con ascendenza greca. Ma il suo gioco parola-immagine, non privo di connotazione solipsistica, o semplicemente di compiacimento estetico, diventa carne di comunicazione sociale, a partire dagli anni Sessanta.
Tante le sfaccettature e le indagini che Conte ha messo in evidenza. Ma non c’è dubbio che il comune denominatore non manca, ed è una nuova iconicità in senso generale ben icasticizzata nei lavori di Vincenzo Accame, non a caso, artista e letterato. Il caso estremo in assoluto è costituito da Emilio Isgrò, oltre che artista, anche regista, romanziere e letterato che ha attraversato, come traduttore, la cultura greca antica.
Estremo con le Cancellature, estremo con le installazioni ambientali di piglio cosmografico (Chopin, ecc.), estremo con il sottile e incisivo piglio ideativo, creativo, anche poetico, dove gli apparenti paradossi (ma sono in realtà tensioni emotive e concettuali) si fanno circolari. Ne sono convinto da tempo: è uno dei grandi del nostro tempo su scala internazionale, e sicuramente tra i più raffinati. E sicuramente borderline. Anche in rapporto alla dimensione poetica di cui qui si parla. La attraversa, da protagonista, ma poi scappa via… via, via.
Bisogna dire che ognuno dei rappresentanti di questa corrente è stato capace di imprimerle un proprio marchio, in qualche modo, contribuendo alle sue varie ramificazioni. Cosa che riguarda anche lo stesso “giovane” Conte, (così lo indica Filiberto Menna). Altro comune denominatore è senz’altro lo slancio vitale di cui ognuno a vario titolo è dotato. Si forma così uno spaccato travolgente nel panorama della cultura italiana, peraltro con forti ripercussioni all’estero.
E non sono mancati, certo, gli animatori appassionati come è stato il caso di Gianfranco Bellora o dell’autorevole e magico Emilio Villa, o dell’attivismo critico di Luciano Caramel. Una grande stagione. Una storia irripetibile, perché il mondo è cambiato tanto da non presentare più le valenze adatte a quel genere di proposte, animose e di sano ma deciso “ultrà”.
La scrittura d’arte italiana, con le sue evasioni creative, riserva, dai primi anni Ottanta, diversi rimescolamenti. Questi mettono in discussione i traguardi espressivi raggiunti dalle precedenti poetiche storiche: la poesia concreta e visiva, la scrittura visuale.
Serpeggia dunque l’oltre immaginale della scrittura attraverso alfabeti sconfinanti nel lessico artistico. Questa iperscrittura, eccessiva iconicità, diviene creativamente “citazionista”, attraversando intrinsecamente, con il proprio linguaggio, per simpatia pulsionale o similitudine, momenti dell’arte contemporanea.
Nuovi Segnali
Le ultime esperienze verbo-visive italiane si delineano, negli anni ‘80, come un qualcosa di estremamente eterogeneo, di difficile catalogazione e dagli esiti a volte imprevedibili. Ho cercato di definire un possibile rapporto di continuità e diversità fra queste poetiche, curando l’antologia Nuovi Segnali (Maggioli Ed.,1984).
Gli ultimi segnali sono rappresentati da autori operanti dagli anni ‘70 in poi, che ridefiniscono il loro rapporto parola-immagine con una rilevabile eccedenza della componente visiva rispetto a quella verbale. Questa, come rilevavo nell’introduzione, giunge talvolta alle sue estreme possibilità, rischiando «un ritorno allo specifico, che non sarebbe stato più quello di partenza. Cioè quello verbale».
Nella sezione storica sugli Aspetti delle poetiche verbo-visuali italiane presento 15 autori. Come precursori: C. Belloli, E. Villa. Nell’ambito della poesia concreto-visuale: M. Bentivoglio, A. Lora-Totino, G. Niccolai, A. Spatola, F. Verdi. Come poesia visiva: E. Miccini, L. Pignotti, Sarenco. Nell’ambito della scrittura visuale e concettuale-artistica: V. Accame, U. Carrega, L. Caruso, E. Isgrò, W. Xerra.
Per i Nuovi Segnali seleziono le proposte di 15 autori. Tra questi alcuni che avevo presentato, in precedenza, in una mostra a Roma (Centro L. Di Sarro, direzione artistica di Enrico Crispolti, 1983)[1]: T. Binga, C.M. Conti, F. Falasca, G. Fontana, E. Minarelli. A questi aggiungo gli artisti scritturali L. Cattania, E. Gut.
L’antologia è stata presentata alla Casa della Cultura, a Roma, il 5 aprile 1984. Nell’occasione si è svolto un dibattito sulle Esperienze verbo-visuali e di poesia sonora, a cui parteciparono: F. Menna (conduttore), M. Lunetta, C. Milanese, A. Perilli, M. Verdone. L’antologia è stata poi presentata: a Frosinone (1984) da F. Menna, M. Carlino, M. D’Ambrosio; a Palermo (1985) da F. Carbone, A.M. Ruta.
Arte come Scrittura
L’estrema eterogeneità delle poetiche italiane di parola-immagine (storiche e nuove), negli anni Ottanta, sono presentate nella sezione Arte come Scrittura dell’XI Quadriennale di Roma (Eur – Palazzo dei Congressi) nel 1986. L’ufficialità della manifestazione contribuisce a diffondere questa espressione.
Scrive Matteo D’Ambrosio sul catalogo (Fabbri Ed.): «L’Arte come Scrittura è uno dei settori più vitali della ricerca artistica italiana degli ultimi decenni, in cui confluisce un’estrema varietà di esperienze e orientamenti. (…). L’Arte come Scrittura non opera in un territorio inesplorato, ma è certamente un ambito creativo ancora proficuo di scoperte e trasformazioni».
Pittura Scrittura Pittura: Passages
Possibili riferimenti della visualizzazione pittorica della scrittura, oltre che segnali premonitori, sono da considerare, negli ultimi anni Cinquanta e nel decennio successivo, l’esperienza della pittura segnico-gestuale, principalmente dell’area romana (G. Capogrossi, C. Accardi, A. Sanfilippo, G. Novelli, C. Twombly, ecc.), soprattutto nell’accettazione di un segno autonomo quale personale alfabeto o grafìa pittorica.
L’alternanza dei diversi equilibri tra polarità scritturali e pittoriche, negli eventi artistici dagli anni Cinquanta agli Ottanta, ha una prima qualificante focalizzazione in una rassegna, ideata da Filiberto Menna con Fulvio Abbate e Matteo D’Ambrosio, Pittura Scrittura Pittura. Questa inizia il suo percorso in Sicilia, a Erice (TP) nel 1987, per proseguire a Suzzara (MN), Milano, Roma nel 1987-88[2].
Nella mostra vengono tracciati i possibili momenti di questo processo, che attraversa direzioni diverse e continuamente variabili tra pittura e scrittura. Il primo momento è costituito dalla pittura-scrittura dell’arte segnico-gestuale degli anni Sessanta con i nuclei romani e milanesi, in cui la pittura riconosce esplicitamente la propria componente verbale.
Nel secondo momento è presente l’arte come scrittura del decennio Settanta, in cui la relazione tra scrittura e pittura si sviluppa, pur con risultati diversi, in una caratterizzazione di sostanziale equilibrio tra i due campi: «entrambi rivendicano la loro autonomia e nessuno dei due vuole perdersi nell’altro, anche se non rinuncia a uno scambio reciproco» (F. Menna).
Nel terzo momento c’è la scrittura-pittura degli anni Ottanta, in cui s’inverte il procedimento della fase iniziale, con un ritorno della scrittura a una esperienza di pittura: «Si tratta di una esperienza relativamente recente, situabile per intero negli anni Ottanta e rappresentata quasi interamente da artisti che hanno alle loro spalle una lunga presenza nell’ambito dell’arte intesa come una esperienza scritturale. (…) Ciò che muove oggi il lavoro di Blank e di Xerra, di Cattania e di Binga, e del più giovane Conte, è l’esigenza di allentare ancora di più i legami tra segno grafico puro e unità riconoscibili della lingua» (F. Menna).
In una successiva mostra, Passages (Scrittura-Pittura) a Roma (Galleria dei Banchi Nuovi) nel 1988, a cura di Luciano Caramel, viene ripreso ed essenzializzato questo percorso (in una sorta di continuità con il discorso di Menna), attraverso i passaggi di 5 artisti di generazione diversa: V. Accame, M. Mussio, W. Xerra, T. Binga, V. Conte.
Filiberto Menna, nel suo ultimo testo (prima di morire), introduce la mostra Sottosuolo del linguaggio (scrittura pittura scultura) a Bagheria (PA) nel 1989[3]. Rileva che «Questa nuova proposta critica sui rapporti tra scrittura e pittura non può non rimandare a due precedenti immediati e cioè alla mostra Pittura Scrittura Pittura tenutasi nel 1987 a Erice (…) e Passages (scrittura-pittura) (…) nel 1988». Individua il superamento della “soglia” della pertinenza linguistica nelle nuove esperienze scritto-pittoriche, in quanto questo oltrepassare implica «con tutta evidenza, lo sconfinamento in altri ambiti disciplinari, e tra questi il campo della pittura».
Queste poetiche «attingono sì a un repertorio linguistico legato agli automatismi caldi dell’arte informale, ma li sottopongono a una sorta di processo di rallentamento e di raffreddamento, per controllarne meglio il funzionamento e discendere, con essi, nelle profondità del soggetto».
Le schede critiche sugli artisti espositori sono scritte nel catalogo da Francesco Gallo Mazzeo, l’altro curatore della mostra. La conclusione espansiva della Scrittura-Pittura coincide con la morte di Menna, il suo convinto promotore, nel 1988.
Altre letture della Scrittura-Pittura
Diverse sono le esposizioni e iniziative sulla scrittura pittorica in Italia, nella seconda metà degli anni Ottanta, anche grazie a ulteriori letture teoriche. Segnalo, a proposito, un convegno e una mostra sulle Scritture d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro, nel 1988, con partecipazione di artisti e critici.
Negli ultimi sviluppi della scrittura d’immagine concorrono altri autori, il cui lavoro contribuisce alla formulazione dell’espressione con apporti già appartenenti allo specifico artistico. In queste poetiche il segno diviene un “archetipo scritturale”: da intendere in senso antropologico (presente nell’area siciliana) o come introspezione di ritualità pulsionale.
È significativa, in quest’ultima direzione, la mostra Scribble (alle origini del segno)[4] a Lamezia Terme nel 1988, a cura di Tonino Sicoli: «Lo scribble (scarabocchio) è posto all’inizio della parola scritta e dell’immagine visiva, si configura come traccia indistinta, (…); è energia pura, movimento della mano in diverse direzioni (…). Lo scarabocchio per certi versi è atto pre-linguistico, desiderio di comunicazione destrutturata, non deposito di significati ma materia verbo-visuale».
Vincenzo Accame sintetizza il percorso della Scrittura-Pittura nel catalogo della mostra Nuovi Sconfinamenti a Milano (Studio Steffanoni) nel 1989: «Certo, ora, fine anni Ottanta, ci sono molte componenti a determinare i vari, vistosi, accattivanti sconfinamenti tra pittura e scrittura, (…) come molto opportunamente hanno indicato due mostre (…): la prima, più ampia, Pittura Scrittura Pittura, curata da Filiberto Menna (…), la seconda Passages: Scrittura-Pittura, presentata da Luciano Caramel. Più intesa a riflettere il momento segnico, come punto di sutura delle diverse esperienze, la prima; più analitica la seconda, quasi esemplificativa nei confronti delle possibilità estrinsecate dal contatto».
L’esperienza della Scrittura-Pittura si differenzia, alla fine degli anni Ottanta, dalle poetiche verbo-visive e dai loro numerosi epigoni alla ricerca di una possibile identificazione. Risultano significative, al riguardo, le considerazioni di Luciano Caramel, a conclusione del suo testo nel catalogo della mostra Parola Immagine / XVI Premio Nazionale Città di Gallarate – 1991 (Gall. d’Arte Moderna, Gallarate), la cui commissione (da lui presieduta) invita diversi artisti presenti nelle esposizioni della Scrittura-Pittura: «A cominciare dalla rivitalizzazione delle pratiche scritturali (…) va segnalato un nuovo incontrarsi con la pittura, su cui è tempestivamente intervenuto il compianto Filiberto Menna, che con intelligenza mi consigliò il titolo felice a carico di rimandi Passages per una mostra nella quale raccoglievo alcuni sintomi (…) di tale sviluppo, da non trascurare, e da non ignorare continuando un gioco datato e patetico di contrasti fra fazioni ormai tenute in vita solo dalla memoria dei reduci».
Ricognizioni sulla Scrittura-Pittura
Ho già tracciato aspetti e storie della Scrittura-Pittura in Italia negli anni Ottanta, in testi e convegni. Ho curato, sull’argomento, un significativo inserto a colori nella rivista ‘Arte & Cronaca’ n. 74 (2010), in cui ho segnalato le principali esposizioni e testimonianze critiche.
Il numero in questione era dedicato ai cinquant’anni del Nouveau Réalisme: un “collegamento” certamente possibile e stimolante. Il suo direttore, il critico d’arte Toti Carpentieri, era stato curatore della mostra Nuovi Segnali all’Iperscrittura a Foggia (Palazzetto dell’Arte, 1986).
Miei testi sulla Scrittura-Pittura sono pubblicati su: Tracker Art 2004-2008 (Juliet Ed., 2009); ‘Heliopolis’, rivista online (2018), con riflessioni di Sandro Giovannini; ‘Culturelite’, social magazine diretto da Tommaso Romano (2019). Tra gli eventi segnalo la mia relazione alla giornata di studi Abstracta, da Balla alla Street Art a Roma (Museo Macro, 2018), in cui ipotizzo il successivo oltre, pulsionale e disperso, della Scrittura-Pittura.
[1] V. Conte. Nuovi Segnali, in AA.VV., Crispolti e il Centro Di Sarro (Avvio e sviluppo di una ricerca 1982/85), a cura di E.R. Meschini, Roma 2013.
[2] Pittura Scrittura Pittura, esposizioni a cura di F. Menna, F. Abbate, M. D’Ambrosio: La Salerniana, Erice (TP); Gall. Civica d’Arte Contemporanea, Suzzara (MN); 1987. Centro cult. Bellora, Milano; Centro di Cultura Ausoni, Roma; 1988. Catalogo (Mazzotta, Milano 1987).
[3] Sottosuolo del linguaggio (scrittura pittura scultura), mostra a cura di F. Menna e F. Gallo Mazzeo: Gall. E. Pagano, Bagheria; Centro Voltaire, Catania; 1989. Catalogo (Ed. E. Pagano Artecontemporanea). Espongono: T. Binga, V. Conte, S. Guardì, G. Leto, W. Xerra.
[4] Scribble (alle origini del segno), mostra a cura di T. Sicoli, Chiostro di S. Domenico, Lamezia Terme 1988. Catalogo. Espongono: T. Binga, V. Conte, C. Di Ruggero, L. Di Sarro, S. Guardì, M. Parentela, A. Puja, A. Valla, W. Xerra. Catalogo.