Scienza e filosofia – Anche la scienza, per come si è venuta configurando, può arrogarsi una iperdeterminazione del vero e anche il primato dell’oggettività. Questo partendo dal presupposto che la verità e i suoi infiniti stati di relazione riguardano le condizioni specifiche dell’esperienza relazionale oggettiva. Insomma, la verità è relativa alle condizioni,e queste non sono in sé la verità. E questo vale anche per l’oggettività.
Qui si aprono ovviamente abissi per scienza e filosofia. Qualche esempio. Intanto la contraddizione tra quantistica e fisica classica. Per quanto riguarda la filosofia, la determinazione di che cosa sia reale e cosa no o, ancora, la contraddizione fra realtà e pensiero. In ordine alla teologia, la contrapposizione fra politeismo e monismo, sottolineando peraltro che, paradossalmente, che ad aprire al politeismo è l’atomismo.
Ritorniamo al citato frammento di Parmenide e al frammento. Il principio che la stessa cosa è pensare ed essere, come interpretarlo?
Io la interpreto partendo dall’idea che nel mondo arcaico il pensiero è direttamente collegato agli organi di senso (oggi la scienza ci dice che il nostro cervello è per così dire uno strumento registra, come fosse una diretta estensione del corpo).
Cognizione e pensiero sono connessi con la sensazione e con la immediata tendenza all’azione: il rapporto che le qualità morali e le virtù hanno con la conoscenza è più intimo che non nel caso in cui la conoscenza si presenti come pura e autonoma. Non a caso, gli eroi omerici sono molto emotivi e inclini a dare espressione fisica alle proprie emozioni. Si dava importanza all’unitarietà della mente (cosa che non è assolutamente andata dispersa) dove percezione e cognizione sono associate ad un’emozione oppure immediatamente seguite da un’emozione e da una tendenza all’azione.
Questo non significa affatto che il processo per cui è avvenuto la formazione dell’autonomia del pensiero rispetto all’azione. Ad esempio, con la nascita del logos greco si ha un destino, ciò che doveva necessariamente accadere. Questo è ciò che pensa Heidegger e con lui molta parte – almeno quella della rivoluzione reazionaria – del pensiero tedesco contemporaneo. Questa separazione non c’è nella cultura cinese. E forse anche per questo essa sta conquistando il mondo, basandosi sul fatto che essa è “ontologicamente” più affine al pensiero digitale.
In Omero i pensieri sono parole e le parole respiro: l’organo del pensiero per quel tempo non era il cervello ma i polmoni. Persino la vista che permette l’accesso al reale è nella frenes o nei polmoni
Omero usa il termine aio (dal quale nasce la parola aion ( e qui dobbiamo forse andare) che vale come percepire, meglio come introiettare qualcosa e inspirare. Qualcosa di analogo al termine delle Upanisad: Prana, dove le parole, la vista, l’udito e la mente sono soffio o respiro …. soffio vitale.
In questa unità del vitale (ritrovarla era il grande sogno mancato di Nietzsche), i soffi, ciascuno singolarmente, permettono di conoscere per parti il tutto. Ed è ciò che noi indichiamo con il termine anima. Esso, dopo Platone non riguarda più né il corpo e tantomeno la mente. I soffi sono vapori e i logoi sarebbero dei venti. E forse a questo modo che è meglio ripensare il termine logos.