Il rientro a scuola a settembre
Tutti i governi europei dovranno affrontare fra due mesi una questione molto delicata, cioè il rientro a scuola a settembre di tutti i ragazzi. In Italia la ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, sta tentando di mettere a punto linee guida utili a scongiurare possibili contagi a catena. Tali linee guida sono molto simili a quelle già proposte in Germania, Inghilterra, Francia e Spagna, ma dappertutto non hanno fatto registrare una positiva accoglienza da parte di genitori, insegnanti e dirigenti scolastici. I problemi sono tanti.
Prima di tutto la questione del distanziamento fisico. Quasi dappertutto le aule sono popolate da trenta studenti a contatto di gomito l’uno con l’altro. Tutti i comitati scientifici convengono sul fatto che, con il virus ancora in circolazione, quasi sicuramente un soggetto infetto con un colpo di tosse potrebbe contagiare i compagni più vicini e questi porterebbero a casa il Covid, magari trasmettendolo ad altri in autobus, dove sicuramente non esiste spazio di distanziamento nelle ore di punta.
Classi di 15 studenti in vista del rientro a scuola a settembre possono essere istituite soltanto dividendo quelle già esistenti che si aggirano fra le 27 e le 30 unità. Ciò significa inevitabilmente doppi turni e prolungamento dell’orario di lavoro per i docenti e per i collaboratori scolastici, per non parlare di riscaldamenti e luce elettrica, i cui costi aumenterebbero notevolmente. Il miliardo di euro messo a disposizione del Ministero servirà a coprire solo il costo dei collaboratori scolastici.
Ma i problemi non finiscono qui. Nel caso in cui si verificasse un contagio le famiglie potrebbero – stante l’attuale legislazione – considerare responsabile il dirigente scolastico o l’insegnante.
I numeri dei banchi non significano tutto
Inoltre il «tempo scuola» non si esaurisce nelle lezioni, perché ci sono i momenti di socializzazione durante i quali comportamenti prima leciti ora dovrebbero essere prevenuti, e questo sarà veramente difficile. Anzi, i cosiddetti lavori di gruppo, prima incoraggiati, dovrebbero sparire dalla pratica didattica. Ammesso anche che questi problemi fossero risolti felicemente, resta il fatto che, finite le ore di lezione, gli studenti usciti dall’edificio scolastico, si avvicinano gli uni agli altri per chiacchierare un po’ e scherzare, come hanno sempre fatto.
Dunque? Non sembra ci siano soluzioni pienamente soddisfacenti, al di là del massimo impegno nell’igienizzare gli ambienti e sorvegliare i comportamenti, monitorando costantemente lo stato di salute di quei docenti e collaboratori che, non essendo più giovanissimi, potrebbero correre rischi seri. Si spera che il vaccino previsto per fine anno porti via tutte queste legittime preoccupazioni.