Appena lasciato Fiumicino avvisano Lady Gaga che è stata rapita la sua coppia di mini bulldog. Il dogsitter è rimasto ferito. Dispiaciuta ma determinata sarà Patrizia Reggiani Gucci nel film “Gucci”, regia di Ridley Scott. Nel cast ci sono Robert De Niro, Al Pacino, Jared Leto e Jeremy Irons.
Patrizia Reggiani era sposata con Maurizio Gucci, nipote di Guccio Gucci, fondatore della maison. Vivevano a Milano e lui era l’erede del primo brand italiano con un impatto mondiale. Patrizia Reggiani Gucci è stata condannata come mandante dell’omicidio del marito Maurizio Gucci nel 1995. Ha scontato una ventina di anni di carcere. Gli anni Novanta, a metà dei quali fu commesso l’omicidio, hanno visto una crescita esuberante della Moda italiana e lo spostarsi del suo baricentro da Firenze a Milano.
Tom Ford, stilista di Gucci, gravitava tra le due città. Da Firenze, culla di una moda aristocratica, a Milano la moda italiana si trasforma, si industrializza.
Ma ora Ridley Scott intende raccontare questa storia di glamour e sangue in giro per l’Italia riducendo la scena di Milano a un ruolo marginale. Alcuni lo interpretano come un segnale che il ciclo della moda ormai maturo, iniziato negli anni Ottanta del secolo scorso, è entrato in una mutazione profonda. Milano è stata supervisionata in modo attento dagli sceneggiatori di Ridley Scott. Secondo molti, Milano ha consumato se stessa ed è arrivata a un turning point. Ridley Scott ha voluto Lady Gaga per interpretare alla perfezione Patrizia Reggiani Gucci. Lei però si è offesa perché la cantante americana non ha voluto conoscerla.
Milano invece lo ha convinto meno. Ma l’inquietudine serpeggia già da tempo. Milano ha investito molto nell’ecosistema della moda. Forse è diventato “overextended”. La mancanza di fisicità per la sospensione delle sfilate nell’ultimo anno, l’online, il digitale, hanno rivelato la stanchezza e l’abitudine che hanno connotato il sistema della moda a Milano nell’ultimo decennio. Milano ha visto ciclicamente cambiare la propria base industriale. Quindi è giusto chiedersi: cosa ci si può aspettare da tre motori in panne del made in Milano “Furniture, Fashion, Food”?