Alla pervicacia degli umani nel combinare disastri si aggiunge adesso l’impotenza di essi anche quando decidessero di rimediare. Ormai possono solo correggere, attenuare, limitare, diradare, differire. Possono lenire la vita del singolo (ontogenesi) attraverso un impegno filogenetico (di attenzione alla specie). Ma se neanche questo si cerca di fare, allora, sia pure con paradosso, verrebbe la voglia di invocare tanti coronavirus fino all’esperienza, preconizzata da Jack London, di una sorta di “peste scarlatta”.
In sintesi: il pianeta si spopola, la gente muore in 30 minuti dal contagio, faccia rossa e gambe appesantite; il protagonista, un professore, e un gruppo di suoi amici si muovono da San Francisco verso il nord; ma lui sarà il solo del gruppo a sopravvivere in compagnia di un pony e due cani; dopo tempo, decide di tornare nella sua città; con enorme sorpresa, si imbatte in alcune piccole tribù che vivono in modo primitivo, fra cui tre suoi nipoti.
Dunque, un mondo ribaltato, gli abitanti del pianeta quasi tutti annientati. Trova tre nipoti, anch’essi allo stato primitivo. Ad essi cerca di raccontare l’alto livello di progresso raggiunto dal mondo prima che scoppiasse l’epidemia. Ma quegli esseri non evoluti pensano si tratti di incomprensibili fantasticherie. Questo avviene, per la fantasia dello scrittore americano, nel 2073, e la pesta scarlatta era scoppiata nel 2013.
Oggi siamo nel 2020, ed il virus scoppiato in Cina invade il mondo. Per fortuna, secondo la scienza, è una forma influenzale speciale con bassa percentuale di letalità. Verrebbe da dire, con amara battuta, che, senza volerlo, il grande Paese asiatico ha realizzato un progetto di colonizzazione del mondo con inaspettato anticipo e in modo ben diverso da quello politico-economico progettato. Ma va da sé che il dramma attuale ha toccato in prima istanza proprio la Cina. Ma ora c’è da confidare che il vaccino o i vaccini siano trovati prima possibile. E quando questo accadrà, tutti buoni, pronti a risorgere, assieme, o non si risorge. Anche perché l’economia globalizzata ha i suoi aspetti pestiferi che nessun Paese potrà ormai affrontare da solo, sia esso espansionista o no. Altro che sciacallaggio politico che purtroppo serpeggia.