Nel mondo del visibile digitale

Nel mondo del visibile digitale
Un’opera di Vittorio Marchis

Colui che mai non vide cosa nova

produsse esto visibile parlare,

novello a noi perché qui non si trova.

(Dante, Purgatorio, X, 94-96)

 

Dante, la realtà della finzione artistica

Con questi celebri versi Dante Alighieri nel Purgatorio, indica come l’opera divina sia talmente realistica da confondere i sensi dello spettatore che non riesce a distinguere la realtà dalla finzione artistica. In tal modo il Poeta faceva riferimento al ruolo congiunto di immagini e parole, propria di una società ancora in gran parte scarsamente alfabetizzata e fortemente legata alla Biblia pauperum.

Sul “visibile parlare” molto si è scritto, anche recentemente, come nel saggio di Marcello Ciccuto al Convegno milanese del 2019 “La Commedia Filologia e interpretazione”, a cura di Maria Gabriella Riccobono, ma il mio pensiero si fissa soprattutto sul volume di Giovanni Pozzi, Sull’orlo del visibile parlare (Milano: Adelphi, 1993) dove l’analisi del ruolo “del disegno aggiunto alla parola e di parole sottese al disegno.” L’esperienza del precedente lavoro di Pozzi sulla Parola dipinta (Milano: Adelphi, 1981, rev.1996) che si focalizzava sostanzialmente sulla gematria, sui calligrafismi, sugli acrostici, sui rebus e sugli altri giochi di lettere, nel secondo volume guarda al ruolo delle immagini.

Nell’orlo del visibile digitale

Se però nel testo del Sull’orlo del visibile parlare il tutto si ferma al libro illustrato, oggi dobbiamo necessariamente far fronte a una nuova “rivoluzione copernicana”. Nel digitale sembra che i sensi distali siano al centro dei processi delle ICT. Sempre più il “visibile” si confonde con una realtà che appare, e che sembra sfuggire alla dimensione compatibile con i cinque sensi, e non solo con due. Quella che negli anni Cinquanta si chiamava cibernetica, e da cui era governata sostanzialmente l’automazione industriale, ora ha mutato pelle diventando così pervasiva in ogni settore (dall’high-tech, alla banalità delle azioni più umili) che da essa dipendiamo in toto. E proprio in questo senso il digitale è diventato parte del nostro patrimonio genetico, come il passato lo è stata la tecnica.

Non voglio qui approfondire un tema, quello del digitale-biologico del NetAnimal, che è oggetto di ben altre considerazioni “filosofiche”, ma qui solo aggiungo che, quando i cosiddetti filosofi parlano di “pensare per immagini”, di fatto finalmente ammettono che il visibile diventa invisibile, e viceversa; ossia che l’ontologia diventa gnoseologia. E di ciò ne dobbiamo essere tutti consapevoli, come lo era Dante nei confronti degli affreschi di Giotto, che erano patrimonio di tutti.

Pavel Florenskij e Ildegarda di Bingen

Vorrei parlare di Pavel Florenskij o ancor più di Ildegarda di Bingen: un presbitero russo del primo Novecento e una monaca del XII secolo. A entrambi dedicherei pagine e pagine di congetture intorno al visibile-invisibile, ma lo farò in un’altra occasione. Ricordo le miniature coloratissime nel manoscritto dello Scivias, (cioè sci vias: «conosci le vie»), composto da Ildegarda tra il 1158 e il 1163. Chissà se il filosofo-matematico, morto in un gulag sovietico e autore delle Porte regali, le conosceva?

Le macchine e il visibile digitale

Ma il NetAnimal non si ferma a guardare filologicamente al passato e cerca di capire se il Metaverso lo può aiutare: è questo un mondo più reale del Reale? Quando nel Medioevo i pittori affrescavano le pareti di chiese e conventi, forse che non procedevano nello stesso modo in cui oggi (e probabilmente ancor più domani) gli ingegneri della realtà aumentata lavorano con le loro macchine digitali? A questo punto la prima domanda che salta fuori è: “che cosa è l’Artificiale?”.

L’artificiale non esisterebbe se non esistesse una entità naturale che la pensa, così come non esisterebbero i sogni, di cui nessuno può dubitare che siano “reali e naturali”. Entriamo nel Metaverso o, meglio, convinciamoci che esso è così naturale come lo è a skyline che osservo ora dalla mia finestra.

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VITTORIO MARCHIS
VITTORIO MARCHIS Engineering graduate, full professor of Theoretical and Applied Mechanics and, later, of History of Science and Technology. He has also taught History of Things and Philosophy of Engineering (Turin Polytechnic and other institutions). Topics: society, man, world of technologies, visual arts (he also paints and draws). Among his books, Dall'Arte… allo Zero/ A small philosophical dictionary of Engineering. Laurea in ingegneria, professore ordinario di Meccanica teorica e applicata e, dopo, di Storia delle scienze e della tecnologia. Ha insegnato (Politecnico di Torino e altrove) anche Storia delle cose e Filosofia dell’ingegneria. Interessi: società, uomo, mondo delle tecnologie, arti visive (inoltre dipinge e disegna). Tra i volumi pubblicati, Dall’Arte… allo Zero. Piccolo dizionario filosofico dell’ingegneria.