allo specialismo della conoscenza, che frammenta l’indispensabile visione globale della nostra realtà e ci rende ‘sprovvisti dell’intelligenza della complessità necessaria per affrontare le crisi della nuova condizione umana globale” (Mauro Cerruti e Francesco Bellusci, Il Sole 24 ore 2020);
la seconda è una comunicazione sbagliata e supponente da parte degli stessi scienziati, che considerano ‘altro’ il pubblico destinatario delle ricerche; sicché molti, non riuscendo a comprendere i termini e le procedure scientifiche, ritengono gli scienziati parte di un élite tecnocratica e antidemocratica, con il conseguente manifestarsi del fenomeno dell’alienazione istituzionale (Roberto Paura, Ricezione pubblica della scienza e negazionismo scientifico, 2019).
Possibili soluzioni: un bias di conferma..
Ma come facciamo per ridurre la diffusione di questa peste? Quasi tutti gli analisti ritengono che sia un problema di psicologia sociale.
C’è chi nega che esista, salvo rarissimi casi, un vero rifiuto nei confronti della scienza, ma che tutto dipenda dalla selezione dei fatti che supportano le nostre convinzioni, dunque dal bias di conferma; con la conseguenza che sarebbe opportuno evitare discussioni ideologiche e ‘rimanere sul terreno delle narrazioni’, più idonee a convincere rispetto alla recitazione di fatti scientifici (Bucci e Corbellini – 2019).
..o una questione più strutturale?
Altri ritengono che sia importante scoprire le tattiche dei negazionisti (i cospiratori, i falsi esperti, la scelta della singola tesi scientifica, le false logiche), e combatterle nel metodo, non nelle motivazioni (John Cook, Skepital Science, 2010).
Per altri ancora occorrono nuovi paradigmi interpretativi del negazionismo, abbandonando l’idea che sia possibile trasferire conoscenza scientifica da un contesto all’altro senza le inevitabili variazioni negli orientamenti e comportamenti, poiché le persone traspongono le idee scientifiche in accordo con i loro contesti culturali, bias cognitivi ed eventi personali (R. Paura, 2019, citando Bucchi).
Una questione di ricezione pubblica
Le proposte sopra riportate, ricapitolate nell’analisi della ricezione pubblica delle conoscenze scientifiche proposta da Egil Asprem (2016) – secondo cui il concetto scientifico giunto a persone situate in una diversa nicchia culturale assume necessariamente altre forme e significati – ci porta a concludere che, al di là di contrapposizioni irriducibili, con scontri frontali sterili e inefficaci che non guadagneranno mai i negazionisti al campo della scienza, occorre ammettere l’importanza e la complessità della comunicazione delle ricerche scientifiche, e sviluppare forme specifiche, anche semplici e intuitive, di loro rappresentazioni che si innestino nelle capacità inferenziali della maggior parte dei destinatari.
Purché, naturalmente, non ci si mettano i politici a complicare questa già difficile operazione, o col negare le verità scientifiche, ovvero strumentalizzandole, col tentativo di “annullare il dibattito e il conflitto democratico sulle issues di pubblica rilevanza, ricorrendo alla scienza e all’expertise come vati forieri di Verità” (Giuseppe Tipaldo, La società della pseudo scienza, Il Mulino 2019).