Milano dopo il covid?
Appena il 7 dicembre del 2019 all’inaugurazione della Scala il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, applauditissimo, aveva definito Milano “la città guida dell’Italia”. Era l’emblema “del protagonismo nordista, la risposta che il non-sistema Italia aveva dato alla Grande Crisi iniziata nel 2008”, così Dario Di Vico sul Corriere della Sera. Secondo altri è stata “l’eccezione al clima di sconforto nel quale il Paese era immerso dopo il 2008”.
Lo stato d’animo con la crisi del Covid cambia. Meno spazio all’individualismo nelle scelte, al ruolo eroico dei sindaci al ritorno dello Stato imprenditore attraverso le nuove galassie dell’interventismo pubblico. Il passaggio di ruolo di Milano è e sarà drammatico. Da polo in solitudine di iniziative scarsamente capite e condivise dal Paese a terminale insieme ad altre città delle grandi dorsali di reti e servizi che lo stato imprenditore riorganizza per tutto il Paese. Consolidamento delle dorsali strategiche delle infrastrutture che trasportano le telecomunicazioni, i pagamenti elettronici e riorganizzazione della rete autostradale, aeroportuale, sanitaria e ferroviaria. Ispiratrice Mariana Mazzuccato, ferrea sostenitrice dello “Stato Imprenditore”, parte del team di Colao ma non firmataria del documento finale.
L’inquietudine che affiora nell’amministrazione milanese si definisce in una domanda: “Quale ruolo è riservato a una grande città con ambizioni in passato poco capite dal Paese? Il sindaco Sala e la schiera di concorrenti per le elezioni del 2021, ma anche il presidente della regione Lombardia, si chiedono affannosamente cosa salvare del passato, cosa cancellare e che ruolo dare al Nuovo.
Tra i progetti trascurati che ora sarebbero stati fondamentali per ripartire: il Museo d’Arte Contemporanea e la Biblioteca Europea. L’intervento sull’edilizia scolastica è stato tardivo. Il Campus dell’Università Statale sarà pronto nel 2024. Se i progetti governativi sulle dorsali infrastrutturali troveranno una realizzazione in tempi decenti Milano si confronterà con l’agguerrita concorrenza di molti altri centri urbani del Paese finalmente modernizzati. Ci saranno meno motivi per i giovani qualificati e le imprese di spostarsi a Milano.
La politica del governo vuole, grazie ai finanziamenti straordinari provenienti dall’Unione Europea, “level the playing field”, dare l’opportunità a molti centri urbani della Penisola di concorrere ad armi pari con Milano, soprattutto dopo il covid.