“Il trucco è l’arte di mostrarsi dietro una maschera senza portarne una”, scrive Charles Baudelaire. Nel suo Éloge du maquillage (1863), indica, infatti, la necessità di utilizzare i mezzi della trasfigurazione per ricercare una bellezza che possa diventare artificio della mente.
L’esigenza di abbellire il corpo è propria dell’essere umano sin dall’antichità. Il trucco risulta praticato in tutta l’area della Mesopotamia e del Mediterraneo, come dimostrano le statuette con gli occhi decisamente segnati di nero scoperte nell’antica città sumera di Ur. Questa esigenza raggiunge un sicuro vertice presso gli Egizi: “La maschera, il segno tatuato, il trucco depositano sul corpo tutto un linguaggio, un linguaggio enigmatico, cifrato, segreto, sacro che chiama su questo stesso corpo la violenza del dio, la potenza sorda del sacro o la vivacità del desiderio” (Michel Foucault).
Come scrive Paul Valéry, “quel che c’è di più profondo nell’essere umano è la pelle”. Soprattutto quella femminile costituisce un percorso-racconto affascinante di creazione. Una ricca produzione di opere d’arte evidenzia il perturbante riflesso della cosmesi sui diversi modelli di bellezza nel corso dei secoli.
Oltre a essere immagine fisica o anatomica, la pelle è anche metafora della società e dell’arte. Il Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1891) rappresenta una prima espressione moderna della paura di vedere la propria immagine segnata dal tempo. È metafora di un racconto della pelle come pittura nei suoi rapporti esistenziali.
La Pelle di donna (Identità e bellezza tra arte e scienza) è stata protagonista di una mostra alla Triennale di Milano nel 2012. Come documenta l’ampio catalogo, il percorso espositivo prendeva in esame anche la delicata sfera della cosmesi fra l’Ottocento e oggi. L’arte ci indica che la pelle non avvolge semplicemente il corpo, ma lo apre, lo scopre per poi rivestirlo, divenendo la tela del pittore o la pagina dello scrittore, su cui esprimere il proprio immaginario di bellezza e creazione.
Marcel Duchamp è un antesignano del piacere intellettuale e provocatorio della trasformazione come arte: nel 1921, affiancato dall’aiuto fotografico e creativo di Man Ray, concepisce Rrose Sélavy, un alter ego al femminile dell’artista. In un felice fotomontaggio il suo volto abilmente truccato si fonde con la figura di Germane Everling, generando una ineffabile fascinazione.
A partire dagli anni Settanta, “mettere in scena” il maquillage come pittura apre la possibilità a diversi artisti di utilizzare il travestitismo, soprattutto nel Comportamento e nella Body Art. Quasi mezzo secolo dopo la trasformazione di Duchamp, Andy Warhol non solo crea immagini di sé stesso con una parrucca bionda, eyeliner e rossetto, ma firma anche una famosa affermazione in risposta a una domanda: “Mi dipingo le unghie tutti i giorni”.
Il trucco non è solo un semplice procedimento per “nascondere” i segni del tempo. Rappresenta anche la possibilità di mutare l’aspetto, fino al tentativo di farlo “assomigliare” a un’immagine ideale, che può divenire una maschera per rapportarsi meglio con l’altro e con sé stessi. L’artista può avvertire, prima o poi, la necessità del travestitismo, almeno metaforico o virtuale, scegliendo di relazionarsi con la società attraverso il make-up, divenuto possibile maschera. Il corpo è, infatti, un organo di comunicazione dell’essere: “ossessionato dalla necessità di agire in funzione dell’altro, ossessionato dalla necessità di mostrarsi per poter essere” (Lea Vergine).
La corporeità tende a entrare oggi in ogni espressione d’arte, anche come narrazione e pensiero. L’artista può divenire un body writer che agisce sul corpo per mezzo di cosmetici, smalti e acrilici, materiali vari, scritture pittoriche.
Le mie scritture di teoria e creazione sul corpo “immaginano” di segnare il volto e le mani di donne, attraversando “sguardi” e “unghie” di una bellezza visionaria che col-leghi l’eros con il corpo-anima. Queste creazioni incarnano “legami” che vogliono vivere attraverso una Body Beauty Art. Il reale e l’irreale si coniugano sul volto e il loro oltre per ricercare una continuità tra trucco e maschera. Può essere l’estrema seduzione per un ritual di arte-vita: “Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera” (Friedrich Nietzsche).