Cercare una definizione per il teatro di Marco Baliani è puro esercizio teorico. Lo stesso Baliani, attore e drammaturgo, ammette che la categoria creata per lui, quella del teatro-narrazione, è un dettaglio. Lui voleva fare teatro, nulla di più.
Il teatro e la realtà
Kohlhaas, lavoro del 1989 creato con Remo Rostagno e ispirato dalla lettura del racconto Michael Kohlhaas di Heinrich von Kleist, è uno spettacolo che sulla scena non richiede nulla più di una sedia, uno sfondo scuro e Marco Baliani nella veste di narratore. Una soluzione estetica semplice che si fonde con l’estrema naturalezza del gesto, della parola e del suono. L’origine del testo è un fatto di cronaca avvenuto nella Germania cinquecentesca, una brutta storia di princìpi violati e giustizia del più forte.
La storia
Michael Kohlhaas è un mercante di cavalli brandeburghese. Lungo la via per Lipsia, dove si tiene una fiera di cavalli, viene fermato dall’esercito del nuovo signorotto della zona, von Tronka che gli richiede il lasciapassare che lui non ha. Sono cambiate le regole, bisogna essere autorizzati per passare per quelle terre. I suoi due morelli, cavalli purosangue che lui tratta come fossero figli, fanno colpo sugli uomini al soldo di von Tronka e l’ingenuo mercante li lascia in pegno in cambio del lasciapassare. Ma i suoi stupendi animali verranno portati al traino e ridotti in carne e ossa, ricoverati nella porcilaia, sporchi e macilenti.
Al suo ritorno Kohlhaas trova i suoi cavalli trasformati in animali da fatica, non vuole crederci. Solo alla vista delle percosse ricevute dal suo servo, lasciato con i cavalli là nella terra del nuovo signorotto, in quel confine fra il bene e il male, comprende la portata dell’accaduto. Il mercante vuole giustizia ma i suoi tentativi si rivelano inutili. La corruzione del personale di Stato vanifica le sue aspettative. La violenza del potere trasforma il docile mercante in uno spietato vendicatore capace di animare le piazze del popolo sino a formare un temuto esercito di rivoltosi. Imprigionato, è condannato a morte.
Il potere e la giustizia
Il potere non conosce limiti e la giustizia non sembra far parte del lessico e delle pratiche di chi lo esercita. Kohlhaas, pur avendo la possibilità di evitare la condanna, rispetta la propria dignità e accetta la sentenza palesemente ingiusta. Il suo esempio diventa il simbolo della sopraffazione del forte sul debole e di un sistema di regole per le quali la giustizia non è uguale per tutti.
Marco Baliani, alla millecentocinquantesima replica di Kohlhaas, che si è tenuta nella sala Grande del Teatro Franco Parenti, piena in una una domenica pomeriggio di questo novembre, ha dato voce e corpo alla storia dell’Uomo. I temi sono antichi come il mondo: il potere, l’arroganza, il disprezzo per tutti gli esseri viventi e l’assoluta coscienza del dominio dell’impunità che può penetrare nei pensieri e nelle azioni di chi lo subisce, tanto da spostare il confine fra bene e male.
Il gesto e la parola di Marco Baliani
Baliani, seduto su una sedia nera, con l’oscurità che lo circonda, un solo fascio di luce che lo illumina. Muove con sicurezza ogni parte del proprio corpo per dare vita al fiero orgoglio di quell’uomo che ha costruito intorno a sé un privatissimo recinto di certezze, di disciplina e di rettitudine. Un recinto nel quale crescono l’affetto verso la moglie, verso gli animali che cura e striglia, verso i suoi servi. Il suo piccolo ma solido edificio di sicurezze conquistato con onestà e rispetto per gli altri finisce per sgretolarsi di fronte alla indifferente crudeltà del potente di turno.
Sono i gesti delle mani che si muovono liberamente, i battiti dei piedi e la voce di Marco Baliani a scandire i tempi della narrazione. L’esito, dopo più di mille volte, è un’estrema precisione e fluidità della rappresentazione. Grazie anche alla regia di Maria Maglietta, il monologo di Baliani assomiglia al teatro dei cantastorie di un tempo con i racconti ispirati da eventi realmente accaduti.
L’incanto del racconto
Kohlhaas è un delicato e ipnotico intreccio di espressioni, movimenti, intonazioni vocali attraverso i quali Baliani scarnifica il suo personaggio, fino a mostrarne lo scheletro, ciò che resta di quell’uomo retto. Il lavoro di sintesi che Baliani e Rostagno realizzano sul testo di von Kleist consente di estrarne gli elementi necessari per comprendere la vicenda, lasciando anche spazio all’interpretazione.
Dedicato agli amici e compagni che nel clima “caldo” della storia italiana degli anni Settanta hanno riconosciuto nelle manganellate l’atto ingiusto e si sono trasformati da giusti in giustizieri, Kohlhaas e il suo messaggio “politico” descrivono il passato e il presente, la storia, gli inspiegabili eventi che si ripetono, la debolezza umana.