Nei giorni in cui gli Stati Uniti d’America tornano a farci stare con il naso all’insù, con il lancio nello spazio della navicella (privata) Space X, finanziata da Elion Musk, è utile ricordare quanto di italiano c’è in questo mondo, quello dell’aerospazio, che punta il suo sguardo sull’infinito universo.
La storia dell’industria aerospaziale italiana nasce ufficialmente nel 1964 con un Broglio. Luigi, professore veneziano, che è riuscito a “tradurre” la sua competenza nel calcolo strutturale in prodotto industriale, il San Marco 1, una piccola “navicella spaziale”, tutta italiana, che fu lanciata dagli Stati Uniti per misurare la densità dell’atmosfera, aprendo così alla diffusione dell’aerospazio che oggi smuove un volume di affari che raggiunge i 400 miliardi ogni anno e che ha molteplici applicazioni pratiche, a partire dalla connettività dei nostri dispositivi.
Curioso che l’Italia sia stato il primo paese dopo USA e URSS a lanciarsi nello spazio, la patria di Leonardo Da Vinci in effetti non poteva non essere tra i pionieri di questa particolarissima industria. Non a caso il colosso spaziale dell’industria italiana si chiama proprio Leonardo, operazione di “rebranding” di quella che fu nota come Finmeccanica. Leonardo è tra le punte avanzate di più di 250 imprese che impiegano circa 7mila addetti, con altissimi livelli di competenza e molto integrati in un network di imprese e scienziati di tutto il mondo (ESA, NASA, Roscomos) che sono di fatto l’avamposto più avanzato delle tecnologie globali. Centrale è stato il ruolo delle imprese italiane nel più importante progetto al mondo di navigazione spaziale, il Galilei; oppure nel Copernicus, che è la più vasta operazione di mappatura del nostro pianeta.
Ma la nostra industria è anche in grado di promuovere oltre i confini del mondo la cultura italiana, come si è detto anche in questa rubrica parlando di Argotec che ha consentito all’astronauta Samantha Cristoforetti di sorseggiare un ottimo espresso Lavazza a bordo della stazione orbitante ISS. Stiamo parlando di un settore in grandissima crescita nel nostro Paese, che non ha conosciuto crisi nemmeno durante la pandemia e che potrà beneficiare degli investimenti in particolare dell’Europa, che non sono mai stati così alti. Se si alza lo sguardo al cielo c’è tanta Italia. Va conosciuta e riconosciuta, anche se non abbiamo testimonial come Elion Musk. Ma la potenzialità aerospaziale italiana è enorme: c’è ancora tanto da sviluppare, e servono tanti giovani e nuove competenze, verso l’infinito e oltre.