Della vita davvero intensa e complessa, per geografia e curiosità intellettuale, di Edward Lucie-Smith, Fyinpaper si è occupato nell’intervista, a cura di Roberto Salvini, pubblicata il 20 dicembre scorso. Critico d’arte di fama internazionale, meno noto come poeta. Ma i suoi componimenti sono una sua seconda pelle, e comunque di pelle si tratta, al punto che prima e seconda non sono valori assoluti. Infatti, la poesia è stata sempre un suo interesse primario, come autore, critico e promotore di cultura letteraria sin dagli anni ’50.
Versi liberi, ma scanditi con attenzione a una vigorosa successione dei contenuti più che al ritmo. Sembra che il suono e il ritmo del fraseggio poetico lascino il posto al mix tra vita forte e cruda e riflessioni esistenziali. In questo mix fanno spesso capolino il background familiare e momenti dell’arte e della poesia colti nella loro scommessa con l’azione quotidiana. Proprio quando al lettore pare che il poeta inglese di origine giamaicana stia per rendere l’atmosfera rarefatta, ecco che un’impennata, allo stesso tempo fantastica e realistica, dà subito sangue e corpo alla tessitura del racconto (una poesia emblematica è quella dedicata a Jackson Pollock). E tu senti ogni cosa palpitare in modo crudo e impietoso, soprattutto asciutto. Parole e linguaggio sono essenziali e caratterizzano immediatamente, e si direbbe fisiologicamente, ogni pattern pensiero-emozione.
Una voce poetica fuori dalla geografia. Calata nella cultura occidentale, certo, ma alimentata anche dall’interculturalità, non sul terreno semantico ma sociale ed esistenziale.
All’edizione italiana delle poesie ha collaborato Fabio Muggia
GONE MISSING
What happened to them all,
Those poets
I used to drink in pubs with?
Quarrel with?
Even sit on committees with?
I hear their faint cries.
They are imprisoned
Between the covers
Of prize-winning biographies.
My television screen flickers
With shadowy figures
Who look a bit like them.
‘But the voices are wrong,’
I say to myself,
‘And so are the gestures.’
Then suddenly I’m seized
By a great wind
That whirls me away
Towards a future
That has no place for them.
ANDATI PERDUTI
Che cos’è successo a tutti loro,
quei poeti con cui
ero solito bere al pub?
Litigare?
O magari riunirsi a gruppi?
Sento i loro pianti/ le loro grida deboli.
Sono intrappolati
nelle copertine di biografie
coronate da premi.
Lo schermo del mio televisore sfarfalla
con personaggi ombrosi
che somigliano un po’ a loro.
“Ma le voci sono sbagliate”,
dico a me stesso,
“e pure i loro gesti”.
Poi sono afferrato all’improvviso
da un vento prodigioso
che mi fa turbinare via
verso un futuro
dove non c’è posto per loro.
COURBET AND INGRES
Courbet and Ingres,
My heroes!
Ingres admired the sign painter
Who got it ‘just so’.
Just enough paint on the brush,
No less and no more.
Courbet wouldn’t shut the door
Of his outside crapper.
He sat there eliminating
From his hairy backside,
Meanwhile admiring the landscape.
Like Ingres before him,
He knew what mattered –
Beautiful dirt, and
Inevitable dirt.
COURBET E INGRES
Courbet e Ingres,
i miei eroi!
Ingres ammirava il pittore del segno
Tale quasi per caso
Colore quanto basta sul pennello
Né di più né di meno.
Courbet non chiudeva mai la porta
del suo cacatoio all’esterno.
Stava là seduto a evacuare
dal suo peloso didietro,
e intanto ammirava il paesaggio.
Come Ingres, prima di lui,
sapeva cosa è veramente importante
La sporcizia bella, e
la sporcizia inevitabile.
BLUEBEARD’S WIFE
When Bluebeard died
His first and last wife
Inherited his castle.
Now she could go
Into all the rooms
That were once forbidden.
Some were stuffed
With female corpses.
Those she already
Half-knew about.
In her time she had bagged and labeled
So many dried-out bodies.
What really surprised her
Were the endless
Untidy
Cellars and attics
Inhabited by the living –
Whining poor relations,
Dependent children.
She had no need of those.
She tore up Bluebeard’s will.
A rich widow now,
She’s busy husband-hunting.
LA MOGLIE DI BARBABLÙ
Alla morte di Barbablù
la sua prima e ultima moglie
ereditò il suo castello.
Ora poteva entrare
in tutte le stanze
che un tempo le erano proibite.
Alcune erano piene zeppe
di cadaveri di donne.
Quelle di cui lei sapeva
qualcosa
A suo tempo aveva imbustato ed etichettato
tanti corpi essiccati.
A sorprenderla veramente
furono le infinite
disordinate
cantine e soffitte
abitate dai poveri congiunti
che vivono piagnucolando
e figli a carico,
E lei non aveva avuto bisogno di loro
Stracciò il testamento di Barbablù.
Ricca vedova ora,
impegnata a cercare marito.
FAMOUS POET
Watching on telly
The famous poet being famous –
More famous, maybe,
Than Alfred, Lord Tennyson,
In the reign of good Queen Victoria.
When they didn’t have telly –
It ought to be gall and wormwood,
Yet somehow it isn’t.
He seems like a nice guy,
Patiently answering their questions,
Patiently supporting
The weight of being famous
Like Atlas supporting the globe.
Or should one say
Like the demi-god Hercules,
Taking over from Atlas,
Arms and shoulders straining,
Unable to move
From where he is now
Because of the burden?
He’s muttering under his breath
‘How long, great Zeus,
How long?
How long?’
POETA FAMOSO
Guardando in TV
il poeta famoso che tale è appunto
o forse più famoso
di Alfred, Lord Tennyson,
durante il regno della buona Regina Vittoria.
Quando non avevano la TV –
dovrebbe scatenare travasi di bile e fegato amaro,
eppure in qualche modo non lo fa.
Lui sembra un tipo a posto,
che risponde pazientemente alle loro domande,
e regge pazientemente il peso
della sua fama
come Atlante regge il globo.
O si dovrebbe dire,
come il semidio Ercole,
che succede ad Atlante,
con braccia e spalle sotto sforzo,
incapace di muoversi
da dove si trova adesso
a causa del fardello?
Sta lamentandosi sottovoce
“Per quanto ancora, oh grande Zeus,
quanto?
Quanto?”
JACKSON POLLOCK A TEHERAN
Your macho cowboy swagger
Once seduced a Jewish heiress.
She was indignant later,
When, unable to get it up for her,
You pissed in her fireplace.
Dribbling on canvas
Became your substitute
For the kind of sex
You could only find
Passed out cold
On the urine-soaked pavements
Of New York’s Bowery.
Now, in a museum storeroom,
In a country where they don’t
Even have a name
For what probably ailed you,
I see the monstrous demi-gods
Grappling and – is it? – coupling
Just under the surface
Of one of your mysteriously
Potent liquefactions.
JACKSON POLLOCK A TEHERAN
Quel tuo macho cowboy spaccone
un giorno sedusse un’ereditiera ebrea.
Si era indignata poco dopo,
quando tu, incapace di drizzarlo per lei,
le hai pisciato nel camino.
Sgocciolare sulla tela
divenne il tuo surrogato
per quel tipo di sesso
che potevi trovare soltanto,
freddo e privo di sensi,
sui marciapiedi fradici d’urina
di Bowery Street a New York.
Ora, nel deposito di un museo,
in un Paese dove non hanno
nemmeno un nome per indicare
quel che probabilmente ti affliggeva,
vedo i mostruosi semidei
lottare avvinghiati e – sbaglio? – accoppiarsi
appena sotto la superficie
di una delle tue liquefazioni
misteriosamente potenti.