La digitalizzazione è oggi uno tra i più popolari protagonisti dell’innovazione in ambito lavorativo, e uno dei fulcri centrali delle iniziative per stimolare la produttività. Basti pensare alle potenzialità dell’Intelligenza Artificiale, del Machine Learning e dei Big Data; della robotizzazione, della realtà aumentata e dell’Internet of Things; del Cloud e della Blockchain. Le tecnologie digitali offrono incredibili possibilità. Sul piano pratico, però, gli studiosi e i filosofi ci stimolano ad approfondire la consapevolezza sulla rivoluzione Digital.
Importare queste potenti tecnologie nelle organizzazioni (private, pubbliche, ecc) implica necessariamente alcuni mutamenti che riguardano la tipologia di lavoro che si svolge e la modalità attraverso cui esso è svolto e pensato. Stanno nascendo figure professionali, inesistenti fino a pochi anni fa, che stanno acquisendo estrema rilevanza, come nel caso degli introvabili esperti di analisi dei Big Data.
Molte professioni già esistenti stanno maturando, evolvendo e reinventandosi approfittando delle nuove soluzioni e possibilità che il digitale offre. Ne esistono molte altre che invece, per obsolescenza, si perderanno. Per queste professioni dovranno essere tenuti in considerazione gli effetti, nel breve-medio termine, sugli equilibri del mercato del lavoro.
Ciò vale soprattutto in Italia, che si trova fortemente al di sotto della media europea nella diffusione delle competenze tecnologie digitali (vedasi l’indice europeo DESI). Il rischio da considerare è che si possa spaccare la forza lavoro tra chi ha una professione con prospettive di crescita digitale e chi no. La conseguenza sarebbe un inasprimento delle disuguaglianze sociali. Diventa importante per chi si occupa di Lavoro pensare ad una formazione sul Digital che sia il più possibile generalizzata ed inclusiva, per costruire una società interamente capace di trasformarsi e di innovare.
Ma la rivoluzione non ha solo a che vedere con le competenze legate alle tecnologie. La digitalizzazione sollecita l’intera società a ripensare profondamente il “futuro del lavoro”. Il World Economic Forum offre qualche spunto di riflessione con il report “Future of the Job 2018”, in cui identifica le competenze che acquisiranno più rilevanza entro il 2022. Tra queste troviamo il pensiero analitico e innovativo e il problem-solving complesso, che ci possono aiutare nella sinergia con le tecnologie. Vediamo anche la capacità creativa, di iniziativa e di originalità, il pensiero critico e le strategie di apprendimento attivo, utili per dare il meglio nelle attività meno “operative” e a maggior valore aggiunto (perdono infatti di rilevanza capacità come la memoria, la destrezza manuale, la capacità di calcolo e altre).
Infine acquistano rilevanza la capacità di leadership, di influenza sociale e di intelligenza emotiva, che aggiungono una sfaccettatura particolarmente interessante. La digitalizzazione, modificando contenuti e modalità del lavoro, mette in risalto le relazioni umane, la nostra capacità di collaborare efficacemente e di coordinare le persone. Ci sfida quindi ad aprirci all’altro e a esplorare le singolarità più umane.