FABIOLA MAZZOTTA – Nostri compagni di tutti i giorni, ormai amici inseparabili. Internet e i social media, come Facebook, Twitter e Instagram, ci permettono di essere sempre connessi e ottenere informazioni molto facilmente. A questo proposito, il diplomatico e professore della London School of Economicsand Political Science, Shaun Riordan, afferma che «l’opinione pubblica sta diventando sempre più organizzata e i cittadini hanno un ruolo ormai più rilevante, coscienti o no, e diretto nell’interagire con il resto degli attori internazionali. In questo momento lo Stato ha perso potere, e dall’altra parte, sono sorti nuovi soggetti che pretendono maggiore attenzione al tavolo delle relazioni internazionali». In questo modo, i mezzi di comunicazione assumono il ruolo di protagonisti. Creature complicate, i mezzi di comunicazione che, oltre a portare benefici alla popolazione, facilità di accesso alle informazioni e allo scambio di valori e di idee (La Primavera araba, #Metoo, Fridays for future, etc.), possono dar luogo a “fake news. Per quanto riguarda i benefici, dall’avvento di internet le informazioni sono alla portata di un clic. Chiunque ha la possibilità di apprendere nozioni e notizie, non solo sul proprio Paese, ma anche sulla comunità internazionale. Inoltre, i social media come Facebook e Twitter permettono di comunicare in maniera veloce e facile, senza preoccupazioni: l’accesso è gratuito e le informazioni sono fruibili in tutto il mondo. Due esempi sono il #Metoo, che vuole affrontare il problema della violenza contro le donne, e il #FridaysforFuture che intende sensibilizzare i governi di tutti i Paesi a trovare una soluzione al problema del cambiamento climatico. Le influenze si hanno anche sulle relazioni internazionali, poiché lo scambio di valori e di idee possono dare vita a movimenti forti, realmente capaci di influenzare la politica e il lavoro delle organizzazioni internazionali. Si consideri che il potere di sensibilizzazione della società civile oggi avviene su larga scala: è sufficiente che più persone condividano un interesse, dispongano di una connessione internet perché si generino reazioni a livello mondiale.
I social media sono anche potenti casse di risonanza e mezzi di rivendicazione per la popolazione. Si pensi al ruolo che hanno assunto nella Primavera araba. I movimenti online hanno accelerato la caduta di regimi, laddove si sono aggiunti alle manifestazioni sul territorio. Difatti,le rivoluzioni tunisine ed egiziane si sono rivelate rivoluzioni di persone, certamente, ma sostenute dai social media.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dal pericolo delle «fake news», cioè informazioni deliberatamente false diffuse con l’obiettivo di ingannare chi le legge. Da questo punto di vista i mezzi di comunicazione e i social media sono come un’arma che certi governi, o poteri forti, possono utilizzare a scopo manipolativo attraverso cui spingere le masse a prendere determinate decisioni o formulare opinioni. per esempio squalificare l’opposizione per vincere le elezioni. È il caso dello scandalo della Cambridge Analytica, una società britannica di marketing politico che ha avuto accesso ai dati di milioni di utenti di Facebook e li ha usati per creare profili psicologici degli elettori statunitensi. In questo modo, messaggi politici adeguatamente strutturati sono pervenuti a 126 milioni di persone tramite i mezzi di comunicazione.
E i politici di tutto il mondo, quali misure intendono implementare per trovare soluzione al problema della disinformazione? La Malesia sta tentando di criminalizzare l’uso della tecnologia tramite internet e proposto progetti di legge sulla libertà di espressione: ufficialmente studiati per contrastare le minacce di notizie false, questi ultimi potrebbero mettere a rischio i siti che citano fonti anonime. C’è chi li ha definiti tentativi di creare una nuova versione del Great Firewall cinese. L’Unione Europea sta cercando misure per combattere i pericoli delle «fake news» attaccando i social media. Anche il parlamento britannico ha affermato la necessità di regolare la piattaforma Facebook in maniera più restrittiva. Dall’altra parte, Facebook ha risposto di essere aperta a una regolamentazione, sebbene sostenga di avere già attuato cambiamenti sostanziali. Ad esempio, ogni annuncio politico deve essere autorizzato dalla piattaforma stessa, deve indicare chi lo finanzia, oltre a dover rimanere conservato in un archivio per sette anni.
Per concludere:esiste un legame tra «fake news», democrazia e libertà d’espressione? Sicuramente la disinformazione nell’era digitale è una grande minaccia alla democrazia. Per contro, le misure per opporsi e arginare il pericolo potrebbero snaturare una delle libertà che il sistema democratico tutela: la libertà d’espressione.