L’orso russo si sveglia e tenta di restaurare la sua influenza nel Vecchio Continente. L’attuale crisi ai confini orientali dell’Ucraina segna una rottura netta nella politica estera russa degli ultimi trenta anni.
La Russia della fine del XX sec
La Russia di Putin non è quella degli ultimi anni del XX secolo, quando l’impero sovietico in Europa si frantumò e diversi popoli riconquistarono la loro indipendenza. In quegli anni mentre i sommergibili nucleari di Mosca erano aggrediti dalla ruggine nei bacini delle basi militari del Cremlino, i funzionari del Partito Comunista si facevano una guerra spietata per acquisire posti di potere e si accaparravano in maniera più o meno legale delle risorse energetiche del Paese. Il disordine sociale e politico si estendeva a macchia d’olio e solo il KGB, il servizio segreto, manteneva una sua coesione.
Vladimir Putin, che da esso proveniva, emerse come l’unico politico capace di mettere ordine nella società russa con le buone o con le cattive maniere. Represse con spietata violenza il movimento indipendentista della Cecenia (ancora oggi non sappiamo con quante vittime) e regolarizzò i rapporti con gli ex satelliti della Russia sovietica. Come fermare l’espansione della Nato senza provocare un conflitto? Recuperata credibilità, forza e coesione nel Paese, anche grazie a una esasperata propaganda nazionalista, Putin diede inizio a una operazione di recupero del prestigio passato in ambito internazionale. Le risorse inesauribili di petrolio e gas da esportare in Europa e altrove e la politica non ostile dell’Unione Europea gli diedero la possibilità di ricostruire in un modo diverso dal passato l’influenza di Mosca sul continente.
La Russia moderna come potenza planetaria
In questo contesto vanno collocate le rivendicazioni del Cremlino sulla cruciale area ucraina del Donbass, sulla Crimea e sui porti del Mar Nero. Perseguendo questi obiettivi è emerso il problema di fondo della Russia moderna come potenza planetaria: l’avanzata della Nato nell’Europa Orientale. Putin ha dichiarato pubblicamente che la Russia si è ritirata da quella parte dell’Europa che aveva occupato alla fine della seconda guerra mondiale.
Adesso tocca alla Nato evitare provocazioni lungo i confini del Paese. Le trattative diplomatiche sono tutt’altro che cordiali. Con le fanterie corazzate russe schierate in Bielorussia a Nord e vicinissime al Donbass a Est non c’è molto spazio per discutere. La Nato si è impegnata a non intervenire direttamente in un eventuale conflitto, ma si è riservata il diritto di rifornire di armi l’Ucraina. Se la realpolitik si scontra frontalmente con lo stato di diritto non si è arrivati ad alcun accordo su un’eventuale adesione di Kiev all’Alleanza atlantica. Mosca chiede che si escluda per il futuro la partecipazione dell’Ucraina alla Nato. Ma tale richiesta non può essere accolta in nome del principio della sovranità nazionale ucraina.
Ogni spiraglio di trattativa si è chiuso su questo contenzioso. Ciò perché si scontrano due punti di vista. Da una parte la realpolitik di Mosca che vorrebbe un ragionevole equilibrio di forze in Europa, dall’altra il principio del diritto internazionale secondo cui Kiev gode di piena sovranità, e non di una sovranità limitata, come il Cremlino vorrebbe. Dunque Kiev in futuro potrebbe chiedere e ottenere l’adesione alla Nato. Ma alcune delle richieste dei leader del Cremlino sono totalmente irricevibili.
Le richieste di Putin
Putin chiede: 1. la smobilitazione delle basi missilistiche Nato installate nei Paesi ex sovietici dopo il 1997; 2. la conclusione delle esercitazioni militari dell’Alleanza in questi Paesi; 3. che si ponga termine alle forniture militari Usa nell’Europa orientale; 4. il ritiro degli istruttori militari dei Paesi occidentali; 5. l’assicurazione che la Georgia non entrerà mai a far parte della Nato.
La posizione dell’UE
L’Europa subisce le conseguenze della sua impreparazione. La posizione dell’Unione europea è sempre stata molto conciliante con Mosca, ma non ha potuto evitare di applicare blande sanzioni ai russi dopo l’annessione della Crimea. Le iniziative sanzionatorie nei confronti di un colosso da cui dipende quasi la metà degli approvvigionamenti energetici del vecchio continente appaiono piuttosto patetiche. Ma proprio su questo punto si gioca una partita pericolosissima.
Infatti, se in sede Nato si decidesse di sostenere sine die l’opposizione ucraina armata a Mosca, la sospensione delle forniture energetiche all’Europa potrebbe essere presa in seria considerazione. In tal caso solo gli Usa potrebbero sostenere il Vecchio Continente alimentando un flusso di esportazioni massicce di gas, flusso già iniziato nel dicembre del 2021.
In ogni caso ciò che gli europei possono mestamente constatare per il momento è l’impotenza assoluta sulla scacchiera internazionale anche quando si discute del destino di territori che – sia pur marginalmente – sono considerati europei. E a ben vedere né la Russia né gli Usa gradirebbero un terzo incomodo nella loro competizione. Casomai vedrebbero con favore la sua permanente debolezza, alimentandola come fece Trump nel suo quadriennio.
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