Già pubblicato su FYINpaper il 30/09/2019
Cos’è il socialismo oggi? La risposta è indipendente dai partiti che in questa o quella nazione ne portano il nome. Anche perché tutti i partiti con un briciolo di storia sono ideologicamente sbandati fino alla vanificazione di ogni principio ispiratore iniziale. Quindi, nonsense. O forse copertura o coperta stretta, sicché da qualunque parte tu la tiri, patirai il freddo. E non si può fare a meno di pensare che questo sentimento diffuso talvolta promuova un’ideologia di un’anti-ideologia.
E forse, nella percezione a estensione planetaria che le ideologie sono neiges-d’antan, o vecchi ricordi, si insinuano queste cose: a) l’alibi che ormai tutto è possibile, che non ci sono regole se non quelle per evitare il carcere; b) dell’etica non c’è neanche l’ombra; c) i partiti, sempre di più sostituiti dai movimenti, sono sigle necessitate dalla comunicazione; d) trattandosi di sigle funzionali, l’una sigla vale l’altra, e nessuno si sorprenderà se un parlamentare quando gli pare prende uno dei distintivi che porta in tasca per sostituire quello che in quel momento esibisce nell’occhiello della giacca.
A chi l’eletto deve dar conto, alla luce di questa situazione? Non certo ai suoi elettori. A chi, dunque? Non è possibile dirlo, è un tabù. Sarebbe a scapito di quel briciolo di immagine di sé che ognuno, in qualche modo, e quando capita, cerca di tenere in piedi.
Inoltre, comunque venga giudicata la nascita del presente governo italiano, in generale c’è da dire che è frequente la tentazione di dar luogo a governi tecnici o istituzionali, anche se non ricorrono le circostanze di urgenza o di crisi speciale. Con motivazioni “vere” di volta in volta diverse. Ma sta di fatto che lo scopo precipuo è talvolta evitare le elezioni, con l’ovvia conseguenza che sarà facile che l’ultima volontà degli elettori sia trascurata o tradita.
Inoltre, gli elettori subiscono le impennate ibridizzanti che talvolta vengono impresse ai partiti o movimenti per i quali simpatizzano. Fino alla vendita di quel corpo politico al migliore o peggiore offerente. Questo, specialmente quando le circostanze favorevoli non impongono di darne conto ai propri iscritti e membri della governance. In questi casi, il responsabile di un partito può andare a cena con la escort di turno, e trattare qualsiasi cosa. Anche della vendita del proprio partito. E il partito socialista non fa eccezione rispetto agli altri. Anche se porta un nome carico di valori storici, sbrigativamente ritenuti tutti anacronistici, è solo una sigla. E la sigla, o brand, è marketing. E il marketing si quota in termini esclusivi di poltrone, potere, alleanze strategiche, senza obiettivi dedicati alla gente.
Nel caso dell’alleanza Nencini-Renzi, palesemente impari – al di là dei ritorni pattuiti – il Psi, o il moncone che sopravvive, non svende i suoi iscritti, semplicemente deturpa un simbolo, a causa di assenza di “maritalis affectio” e di “coabitatio”, presupposti necessari perché, nel diritto romano, si potesse parlare di vita coniugale. Non si tratta certo di un espediente per dare nuova vita o nuovi stimoli, a ciò che esso, nel bene o nel male (compreso il male di questi giorni), rappresenta. Ma il marketing, diversamente dalla letteratura che l’audace politico mugelliano pare conosca, è estraneo alle metafore e ai valori etici ed emotivi.
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