L’Italia naviga, nonostante i venti contrari. Neanche il Covid sta riuscendo a minare il primato dell’industria italiana nella costruzione di imbarcazioni, in particolare yacht di lusso, in cui è leader incontrastata nel mondo. Quello della nautica è un esempio perfetto per mostrare come certe eccellenze del nostro Paese siano più note fuori che dentro i nostri confini. In tutto il mondo, infatti, le imbarcazioni italiane sono sinonimo di cura del particolare, mix perfetto tra artigianato e tecnologie, design ed efficienza. In Italia invece è roba da specialisti, amanti del mare, frequentatori delle scuole di vela, armatori per tradizione.
La lacuna è culturale. Non è un caso che, nonostante la nostra tradizione marinara e la garanzia di un lavoro sicuro nel settore, gli istituti nautici, una cinquantina in tutta Italia, abbiano ancora un numero molto basso di iscritti: si è arrivati al punto che l’istituto Euclide Caracciolo di Bari mette in palio delle crociere offerte per i giovani che dalle scuole medie scelgano di iscriversi in questa particolare tipologia di scuola.
Gli sbocchi dell’industria nautica italiana sono enormi, ma mancano soprattutto i giovani: ci sarà da coprire infatti un forte turn-over di maestranze e tecnici che già oggi è preoccupante. Va ricordato che la nostra produzione di barche coinvolge oltre 3mila imprese, quasi 4 miliardi di valore aggiunto e circa 170mila dipendenti. Il podio dei più importanti costruttori di barche al mondo è interamente italiano e una barca ogni tre che vediamo per mare è costruita nel nostro Paese.
Tante aziende corrono ai ripari, come la più importante impresa di costruzione di yacht e superyacht di lusso, la Sanlorenzo di La Spezia, che ha creato una propria academy in cui i giovani possono formarsi accedendo con un semplice diploma, senza esperienze pregresse, soltanto in nome della loro passione per il mare. Ma gli esempi sono innumerevoli nel settore: l’obiettivo comune è far conoscere la bellezza di questa industria. Perché di bellezza si tratta, visto che al design delle barche italiane lavorano grandi archistar non sempre conosciuti, basti pensare a Brunello Acampora (autore di meravigliosi “gozzi sorrentini”), Rodolfo Dordoni, Gianni Zuccon, Pierangelo Andreani, Lorenzo Argento. Nomi che meritano di essere segnati sulle agende di chi ama il buon gusto italiano ed è orgoglioso di vederlo navigar nel mondo.
Nel 2008 la crisi economica ha fatto “affondare” il 25% del fatturato dell’industria nautica italiana, che però si è subito ripresa ed oggi è tornata ai livelli che le spettano. È una crisi che è stata superata e ha allenato gli armatori italiani a trovare soluzioni efficaci in contesti difficili. Il risultato è che se per le crociere e le grandi navi c’è stato un blocco di produzione, le maestranze delle barche da “diporto” non hanno mai smesso di lavorare. Siamo un Paese marinaro campione del mondo. Il vento giusto arriverà, ma sappiamo che l’industria nautica italiana è in una barca in grado di non affondare e di portare ovunque il meglio del nostro design e della nostra tecnologia.