Il mondo non può fare a meno dei microchip
Tutti sanno ormai che i ritardi nella consegna dei microchip stanno creando un rallentamento nelle vendite di una grande quantità di prodotti, dalle automobili agli smartphone. Ma pochi sanno che quanto sta accadendo è determinato dalla guerra scoppiata fra i colossi tecnologici occidentali e le grandi fabbriche cinesi. Da qualche anno in Occidente si è sempre di più messo l’accento sul fatto che le tecnologie europee utilizzate dal Dragone configuravano una specie di furto di proprietà intellettuale a tutto vantaggio di Pechino. Forse non era vero al 100%, dal momento che poi i prodotti assemblati in Cina ed esportati in Occidente avevano un costo molto più basso di quanto sarebbe stato se la fabbricazione fosse avvenuta in Usa o in Ue. Ma quello che importa è che il vento è cambiato. Qualche numero. Pechino importa chip per trecento miliardi di dollari l’anno, cioè più di quanto spende per importare petrolio.
I nanometri cinesi e quelli occidentali
A partire dagli anni della presidenza Trump il flusso della microcomponentistica verso la Cina si è ridotto sempre di più. Adesso, si colloca ai limiti dello strangolamento economico. Da anni Xi Jinping esercita forti pressioni sui giganti economici cinesi perché realizzino una catena di componentistica nazionale per rispondere alla stretta in atto, ma i nodi della crescita cinese sono venuti al pettine. Ci spieghiamo meglio. Che cosa è un microchip? È una superficie di silicio delle dimensioni di un’unghia sul quale si operano circa 1.500 passaggi per installarvi milioni di transistor. Le fonderie in grado di realizzare questi prodotti dispongono di tecnologie microscopiche di dimensioni nanometriche ignote nel Paese del Dragone. E per dotarsene alla Cina occorrerebbero uno o due decenni. Se i cordoni dei Paesi produttori di microchip dovessero continuare a stringersi le conseguenze sarebbero veramente imprevedibili. Ma perché l’Occidente dovrebbe rinunciare al suo vantaggio tecnologico sulla Cina ? Nei Paesi Bassi l’ASML realizza macchine che collocano transistor a 5 nanometri di distanza. La TSMC di Taiwan a 2 nanometri. La SIMIC cinese non va sotto i 14 nanometri.
Il disaccoppiamento è necessario?
Cosciente della pericolosità della situazione, analoga a quella del Giappone, che nel 1941 privato delle importazioni di petrolio fu costretto a dichiarare guerra agli Usa, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha parlato chiaro. Il mondo globalizzato ha eliminato buona parte della povertà assoluta. Se il disaccoppiamento andasse avanti si tornerebbe indietro di vari decenni, senza voler considerare il fatto che le tensioni potrebbero sfociare in un terrificante conflitto globale senza vinti né vincitori.