Se qualcuno avesse ancora dei dubbi su chi guida oggi le grandi scelte che determineranno il nostro futuro, probabilmente si chiarirebbe bene le idee analizzando ciò che si sta deliberando nei consigli di amministrazione delle maggiori banche del mondo a proposito delle fonti energetiche. I Big Six, cioè i sei maggiori gruppi bancari del pianeta, guidati dall’onnipotente Goldman Sachs, hanno deciso, nero su bianco, che ridurranno drasticamente e velocemente gli investimenti finalizzati all‘individuazione e alla produzione di energia proveniente da fonti fossili, cioè carbone, petrolio e gas naturale. Si prevede che le altre cinque banche più grandi del mondo si allineeranno a questa posizione.
Tanto per capire meglio, Goldman Sachs ha fatto sapere che non sborserà un centesimo per nuove prospezioni nell’Artico o per l’apertura di nuove miniere di carbone sui cinque continenti. Per quantificare l’importanza di questa scelta è sufficiente citare l’indagine pubblicata da The Guardian nell’ottobre del 2019. Lo studio calcolava in 700 miliardi di dollari circa i finanziamenti delle grandi banche d’investimento destinati, fra il 2016 e la metà del 2019, alla ricerca di combustibili fossili. Cioè nei tre anni successivi agli accordi di Parigi sul clima!
Gli ambientalisti hanno ottime ragioni per rallegrarsi del “pentimento” dei finanziatori dell’inquinamento planetario. Ma la realtà è più complessa. Dal punto di vista dei colossi bancari l’uscita dal settore fossile non può avvenire dall’oggi al domani. Questo, sia per le ripercussioni che – in termini di posti di lavoro – avrebbe sugli addetti a questo immenso settore, sia per la drastica riduzione degli utili che gli azionisti delle banche dovrebbero subire.
Si spiega, quindi, come la Goldman Sachs, pur essendo alla guida di questa svolta virtuosa, non ha rinunciato a partecipare al tavolo delle trattative per l’acquisto di azioni della compagnia petrolifera Saudi Aramco, che è notoriamente il peggior inquinatore statale del pianeta.
Ma la notizia più agghiacciante su questo business, che alcuni assimilano a un crimine contro l’umanità, viene dal Climate Accountability Institute. L’Istituto di ricerca statunitense – impegnato nei cambiamenti climatici e universalmente accreditato – afferma che, già dal 1965, gli amministratori di una ventina di compagnie petrolifere e alcuni vertici politici erano al corrente dell’impatto ambientale che la crescente produzione di combustibili fossili avrebbe provocato. Come ciò possa essere avvenuto può essere spiegato solo dando una risposta alla domanda: chi sceglie il futuro dell’umanità nel mondo moderno?