La donna-artista risulta sempre più affermativa nelle nuove poetiche. Privilegia talvolta, come elemento di ricerca, linguaggi diversi da quello pittorico, che è stato per secoli “appannaggio” (con qualche eccezione) della creazione maschile. Il fenomeno del protagonismo femminile, nell’arte, ha avuto appunto un vertice non casuale, a livello internazionale negli anni ‘60/‘70, con autrici che hanno legato la loro espressione alle poetiche del corpo.
La Donna d’Arte oggi, indicazioni, genere, ambientazioni
La recente affermazione femminile, nei diversi territori della creazione contemporanea, è rilevante, confermata dalla presenza di artiste in collezioni di musei, gallerie, manifestazioni prestigiose. Alla Biennale di Venezia del 1999 il Leone d’Oro è assegnato al Padiglione Italia, rappresentato solo da cinque giovani donne: Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri, Paola Pivi, Grazia Toderi.
La donna-artista, superando la fase rivendicativa del proprio ruolo, passa a una di contributo espansivo, che comporta naturali convergenze, tematiche e stilistiche, con l’espressione maschile. Entrambe le componenti dialogano nel processo della creazione, al di là del sesso dell’autore: la maternità, come afferma Friedrich Nietzsche, è propria di ogni artista.
La logica binaria del Femminile/Maschile ha favorito il sorgere di identità che oltrepassano questa dicotomia. Come quella Transgender: contenitore in cui s’identificano coloro che non si sentono rappresentati da uno stereotipo di genere. Segnalo l’emergenza Transgender all’Anteprima della XIV Quadriennale a Napoli (Palazzo Reale, 2003-04), che presento attraverso “un esempio” di due ragazze catanesi – Tiziana Contino e Aurora Rosselli –, riunite creativamente in una sua possibile scena-convenzione. Sono corporeità tecno-mutate, superanti ogni genere.
La trasformazione di sé, fisica e/o interiore, può passare attraverso una transessualità non codificabile in Femminile/Maschile. Questa ricerca può divenire incontro ed estensione di creazione. Scrivo in Pulsional Gender Art (Avanguardia 21 Ed., 2011): «La trans-creazione diviene liberazione di tabù artistici e diversità sessuali, come quelle che si riconoscono nell’Arte Queer, partendo dall’indagine del rapporto tra i generi. Questa Gender Art vuole transitare oltre ogni genere prestabilito e unico, trovando nell’Extreme Body Art del nuovo millennio una naturale espressione, che riassume in sé denunce sociali e provocazioni artistiche. Le sue azioni, individuali o possibilmente plurali, avvengono per un tempo determinato dal flusso del loro transitare. Hanno nel concetto e nella pratica della “fluidità” la loro naturale vocazione a trasformarsi».
La donna-artista, sensibile alle trasformazioni e insidie ambientali, ricerca “identità altre” per le immagini e le rappresentazioni del reale. Le sue espressioni costituiscono una indicazione-alternativa, talvolta controcorrente, alle proposte confezionate dai sistemi dell’arte. Auspica architetture di accoglimento: come quelle che hanno il loro habitat naturale nelle ambientazioni interiori. Queste sono sensibili ai richiami, rituali e mitici, del Femminile: come quelle del Mediterraneo. «Forse, dopo tanti secoli di prevalente architettura “al maschile”, – nota l’architetto Paolo Portoghesi – che esalta il volume e la capacità di occupare il vuoto con i simboli del potere, sarà necessaria una architettura “al femminile”, sollecita alla creazione e riproduzione di spazi e di vuoti accoglienti. La terra ha un gran bisogno di questa architettura della dolcezza, attenta ai luoghi e alla loro continua trasformazione e al recupero dell’eredità costruita».
Il corpo-cucito della Donna d’Arte come rilettura del Femminile
L’arte contemporanea presenta, da diversi decenni, inediti sconfinamenti e innovative riletture. Tra quest’ultime c’è quella, praticata dalla donna-artista, che recupera creativamente espressioni manuali legate alle tradizioni artigianali. Queste, considerate in passato arti minori e, talvolta, “apprendimenti” dovuti per una donna, sono riconvertite oggi nella ricerca avanzata. Questi soggetti creativi sintetizzano attività antiche e nobili, come quelle del telaio o vasellame, in dialettica con la modernità, ripercorrendo epoche e specificità in un viaggio atemporale che diviene interiore. La rilettura di questa erranza può “liberare” suggestioni ancestrali e memorie di arte-esistenza, che possono divenire “narrazione” dell’autrice stessa: autobiografica, onirica, metafora epidermica, lingua di solitudine e passione, colloquio con l’altro e l’ambiente.
Le lingue, naturalmente seducenti della malia femminile, sconfinano negli spazi dell’arte, portando con sé il cucito e lo sguardo delle proprie alchimie. Queste colloquiano con i sensi e l’immaginario del fruitore, vivendo anche come presenza e chiave di lettura degli archetipi. L’interesse verso oggetti e presenze della vita quotidiana diviene “tempo” privilegiato di creazione e riflessione. Questa donna-artista rielabora, con linguaggi innovativi, memorie e tradizioni che vuole rileggere. “Doppia”, con l’uso di materiali vari, corporeità e presenze sinestetiche che possono esprimere vestito o accessorio di abbigliamento, lenzuolo o tappeto, arredo di casa o cibo, presenza profumata o maschera di beauty art, ecc.
Il patrimonio immaginale dell’arte femminile include la lettura ironica, fantastica o sensuale, ma anche momenti di inquietudine. Fonde, nelle sue trasposizioni, abilità artigianali e il piacere del racconto, attraversando interazioni, pulsioni e contaminazioni espressive.
Il corpo, dopo la deflagrazione e le estremità della Body e Live Art, è “ricostruito”, in questo nuovo millennio, in molteplici espressioni. Può essere edificato anche come “architettura impalpabile” per mezzo dei linguaggi della creazione (soprattutto quelli di frontiera). Oskar Schlemmer, direttore artistico del teatro della Bauhaus, considera appunto il corpo “un’architettura ambulante”.
Lo stesso abito della Donna d’Arte può divenire un corpo-ambiente, percorrendo tecniche dell’arte, tradizionali e nuove, con i suoi risvolti sconfinati e plurisensoriali. In questo versante emergono, negli ultimi decenni, diverse artiste che ricercano le apparenze del corpo-abito, “modellato” talvolta su una figura di donna assente. Il materiale scelto per la sua realizzazione è spesso naturale o fragile, come quello delle architetture dell’esistenza e dell’anima: filamenti di varia provenienza, cellulosa, tela, cera e cotone, carta, terra lavica, memoria-riciclaggio, ecc. Le trame delle espressioni confluiscono nell’immagine pluri-elaborata e nella texture di una moda d’arte (vestito o accessorio), sempre unica, partorita dall’invenzione creativa e dal piacere manuale che colloquiano nel lavoro.
Il corpo-abito della Donna d’Arte attraversando il Centro-Sud Italia
Alcune aree d’Italia, soprattutto nei suoi versanti a sud, possono essere “laboratorio” di ambientazioni e riletture per il corpo-abito dell’ultima Donna d’Arte, grazie al suo filo-ragnatela. Questo “ascolta” tradizioni e contaminazioni artistiche (antropologiche, rituali, naturali).
Segnalo la prorompente emergenza della donna-artista all’Anteprima della XIV Quadriennale a Napoli (Palazzo Reale, 2003-04), nel testo e nelle scelte (come commissario della manifestazione). A questa esposizione, riservata alle nuove proposte di creazione del Centro-Sud Italia, invito numerose artiste. Tra quelle, rientranti nel discorso, ci sono i corpi-abiti di due operanti in Sicilia: i corpi di stoffa di Filli Cusenza, suturati con segni-cucitura, parlano attraverso lacerazioni e sguardi di una epidermide dolente; le strutture corporee di Gabriella Ferrera sono abiti metafisici e visionari, modellatisi su figure di donna assente, talvolta con il ricamo dei capelli. Frammenti e ritualità del corpo diventano “epidermide” e “concetto” nell’espressione di altre artiste invitate, come in quella Transgender.
Presento alcune delle indicazioni, espresse nel testo, nelle manifestazioni che curo sulla DonnaArte (2006-2007): tra cui la grande esposizione svoltasi al Centro Fieristico di Trepuzzi (Lecce) con artiste salentine, del Sud Italia e dell’Iran. Le trame di questo viaggio espressivo sono documentate nella mia pubblicazione omonima (Il Raggio Verde ed., 2007).
In due successive mostre, a Catania e a Lecce, propongo le seduttive elaborazioni sul corpo-abito di alcune artiste del Sud Italia, che avevo già esposto in DonnaArte. La grafia-tessitura della sarda Maria Lai vuole dare corporeità e narrazione al materiale del vestito-libro. L’abito della salernitana Tomaso Binga è scritto su carta o si propone come corpo-alfabeto vivente. L’abito, realizzato con materiali di natura, diviene sconfinante nella salentina Rosa Maria Francavilla.
L’attraversamento del bianco, da parte della Donna d’Arte, può ispirare un abito che “si modella” come opera sul corpo di una donna assente o che si dilata come memoria in un ambiente. Queste indicazioni sono presenti nella mostra White Size (Sud / Salento: Abito come Arte), che curo a Catania (Le Ciminiere, sett. 2007). Il bianco, come scrivo nel testo, può divenire essenziale nelle istanze di seduzione e di “come presentarsi” all’altro e a se stessi, ricollegandosi a un naturale e oscuro filo, quello degli archetipi e dei segreti contenuti in ogni estremo linguaggio.
La “ragnatela di seduzione”, con cui la donna vuole attrarre oscuramente l’altro, è una dinamica che fa scattare comparazioni immaginali. Così la donna che balla il Tango, per sedurre il maschio, può “compararsi” con la donna salentina nella Taranta, che, “pizzicata” dal ragno del dio danzante, vuole accentrare l’attenzione dell’ambiente su di sé. Curo, a proposito, una mostra su Taranta-Tango a Lecce (Torre del Parco, ott. 2007). Nel dicembre 2007 presento la manifestazione Abito-Corpo e Tango a Roma (Archivio Menna/Binga), coinvolgendo altre artiste.
L’autrice dionisiaca è naturalmente attratta dalla contiguità Taranta-Tango, in quanto ricerca l’estrinsecazione rituale del proprio movimento.
Il corpo-abito della Donna d’Arte come seduzione di una creazione dispersa
La CreAzione della DonnaArte può desiderare di concepire un corpo-abito che colloquia con gli ambienti emozionali.
La Donna: Seduzione Ragnatela è un estremo immaginario di ideazione che esprimo, in un evento (recensito su ‘Fyinpaper’), al Boschetto San Vito di Trepuzzi (Lecce) il 5 settembre 2021. Qui i corpi-abiti delle Creative Disperse “avvolgono” tronchi di albero e panchine del Boschetto con legami di fili rossi. Sono accompagnati da carte scritte e immagini che diventano corpi di-segno. Le autrici vogliono esprimere il loro sentirsi “seduzione ragnatela” attraverso le erranze della propria creazione.
Nell’occasione due artiste Creative Disperse “riaggiornano” il loro corpo-abito, già esposto in precedenti mie manifestazioni. Ciò mi permette di presentare ulteriori ed estreme “fuoriuscite” del corpo-abito, accompagnate da maschere “create” per l’occasione. L’abito di cellophane della romana Laura Baldieri era stato esposto a Roma, alla Casina delle Civette di Villa Torlonia nel 2008, nell’evento di poesia Petali-parole di desiderio (una rassegna sull’Arte e Natura): qui i petali di rose rosse, dispersi a terra, si prolungavano come accessori di arte-desiderio. L’abito-corpo della salentina Tiziana Pertoso era stato esposto nella manifestazione sull’Arte Ultima a Brindisi, presso i Bastioni San Giacomo nel 2018: qui si dilatava attraverso ragnatele filamentosi che si aprivano all’esterno o fuoriuscivano per segnare il volto di donne con la creazione make up. Queste due segnaletiche del corpo-abito vogliono essere apparenze di un pensiero o di un sogno: da esprimere attraverso la seduzione di una creazione dispersa.