A Reggio Emilia si è tenuta presso i teatri Valli, Ariosto, Cavallerizza e alle Fonderie la quinta edizione della New Italian Dance Platform. Il titolo dell’iniziativa di quest’anno era ambizioso: (Re)think dance ed è avvenuto anche grazie al supporto ministeriale e dell’amministrazione locale.
Il programma di spettacoli, intesi come opere concluse e pronte per andare in scena, è stato frutto delle scelte della commissione artistica composta da Lanfranco Cis (direttore del Festival Oriente Occidente di Rovereto), Christophe Galent (direttore di Les Halles de Schaerbeek), Li Ming (vice presidente del Center for Shanghai International Arts Festival), Daniele Sepe (vicedirettore Amat delle Marche), Steriani Tsintziloni (co-curatore artistico dell’Athens&Epidaurus Festival) e Gerarda Ventura (direttrice artistica dell’Anghiari Dance Hub).
Dopo la call pubblica aperta a tutte le compagnie professionali italiane che ha visto la candidatura di 202 spettacoli, la commissione ha selezionato solo 15 titoli.
Per gli Open Studios – cioè i “lavori in corso” – la sezione più promettente per trovare co-produttori e distributori, i curatori erano Mara Serina (direttore Artistico CloseUP Festival Crema) e Paolo Brancalion (coordinatore dei progetti di L’Arboreto Teatro Dimora di Mondaino).
Hanno assistito alla tre giorni della rassegna una moltitudine di osservatori, operatori e artisti italiani e più di cento invitati stranieri.
Programmati d’obbligo nel cartellone principale di quest’anno i quattro Centri Coreografici Nazionali. Aterballetto in Emilia-Romagna ha presentato le novità di Philippe Kratz e Lost in-La stella nascosta di Saul Daniele Ardillo, ballerini di ATB; in Lombardia è stato prodotto Ballade-Golem di Susanna Bartrami-Dance Haus più di Milano; in Toscana Cango di Virgilio Sieni con Metamorphosis e in Sicilia Roberto Zappalà con A. semu tutti devoti tutti? su Sant’Agata martire cittadina (una danzatrice-statua da portare in processione a spalle coperta solo dai capelli), tutto maschile e a tutta energia, ripreso dopo dieci anni dalla creazione.
E poi? C’è un po’ di ”italianità” riconoscibile in qualche proposta di questa edizione della New Italian Dance Platform?