I gruppi di immagini raccolte costituiscono una selezione della più ampia mostra che nell’luglio 2019 è stata esposta al Castello Pasquini di Castiglioncello, nell’ambito del Festival Inequilibrio. Le immagini esposte per Bookcity 2019 nell’atrio dell’Università Statale di Milano, costituiscono un itinerario tra territori e significativi di momenti di vita, alla scoperta dei lieux-ressource di Lepage. I “luoghi-risorsa” sono un concetto derivabile dall’objet ressource – ovvero l’oggetto matrice della storia, alla base della sua metodologia di lavoro- sono gli spazi generatori di scritture sceniche, fortemente biografiche, operate sul palco da Lepage in assoluta libertà da convenzioni realiste. Potremmo affermare che le inquadrature di Villa restituiscono il sense del luogo, utilizzando tra le categorie di Kevin Lynch per una sua lettura (K. Lynch, A Theory of Good City Form, 1984), quella più complessa che ne coglie l’anima e ne scandisce i significati, che aleggiano poi anche negli spettacoli.
Questo esperimento di ri-mediazione che trasferisce l’immaginario spettacolare nella fotografia, fornisce una forma possibile ad un’idea scenica: la “soggettiva” di un potenziale “lettore-spettatore”.
Il visitatore attraversa i paesaggi “abitati” del Québec, paesi lontani dal nostro immaginario, attivando processi mentali con continui cambi di scala.
I paesaggi naturali incontaminati, sono “abitati” esclusivamente da vegetazione e acqua: fiumi e laghi, dove «le superfici specchianti raddoppiano o smaterializzano la fissità della configurazione topografica», dove la neve e i ghiacci ne trasfigurano la realtà rendendone indeterminati i confini. (C. Norberg Schulz, Genius Loci. Paesaggio, Ambiente, Architettura, 1979, p. 35)
I paesaggi urbani sono insediamenti multietnici, “paesaggi culturali” che svelano il metissage attraverso “fondali” di vita quotidiana: vi si ritrovano la cultura materiale con i suoi innesti architettonici, ricchi di ibridazioni stilistiche e linguistiche; emergono attraverso elementi simbolici le intimità domestiche e la sopravvivenza di istanze sociali e repressioni irrisolte.
Queste immagini sono teatro, perché colgono l’identità basandosi sulla memoria: il teatro per Lepage è “il grande sport del ricordare”.
Gli scatti, ricercati e colti nell’immediatezza di attimi irripetibili, concretizzano visivamente quel giacimento di risorse per le scritture sceniche di Lepage; sono i suoi “fulcri iconografici”, stimolatori di ricordi: vita vissuta, battaglie politiche e sociali, elementi formanti per le sue opere. (A.M. Monteverdi, Memoria, maschera e macchina nel teatro di Robert Lepage, 2018, p.63)
«Nel Teatro di Lepage» scrive la Monteverdi «le immagini assolvono ad una funzione drammaturgica ben precisa; evidenziano un sottotesto, creano il contesto, l’atmosfera emotiva, mostrano l’interiorità del protagonista, diventando suo ‘deuteragonista’ immateriale […] o specchio autoriflessivo; le immagini rivelano nel senso fotografico del termine, cioè fanno venire alla luce» (Ivi, p.214). In queste immagini di Villa assistiamo ad una sospensione della linearità delle storie che Lepage racconta con abile mescolanza di accadimenti, senza incorrere in incongruenze narrative; la fotografia, mezzo usato spesso nei suoi lavori teatrali, collabora infatti in modo non traumatico a questa trasduzione: una scrittura in nuce che attiva nello spettatore un processo di interpretazione.
L’incontro dei saperi di Marzio Emilio Villa e Anna Maria Monteverdi ha spostato l’attenzione dall’arte alle cose che hanno vita propria, operando lo smontaggio degli spettacoli per tornare alle radici più intime e, a volte, non dichiarate. Il risultato -non garantito per tutti gli autori di teatro, ma per quei pochi per i quali i luoghi hanno un ruolo fondamentale nella creazione- è un abaco di binomi teatro/vita, da cui l’osservatore può partire –come farebbe Lepage stesso- alla volta di viaggi sempre nuovi “senza destinazione”, innescando meccanismi di “creazione infinita”. (A.M. Monteverdi, Il teatro di Robert Lepage, 2004, p.89).
Il catalogo, curato da Anna Maria Monteverdi, è stato presentato alla presenza degli autori nell’ambito di Bookcity 2019, all’apertura della mostra il 14 novembre scorso, dal Rettore della Università Statale di Milano, prof. Elio Franzini, dal Direttore del Dipartimento di Beni Culturali, prof. Alberto Bentoglio, dalla dottoressa Marianna Simeone, delegata del Québec in Italia e dallo scrivente.
La mostra continuerà il suo viaggio a La Spezia, ospitata nella Palazzina delle Arti dal 3 marzo al 6 maggio 2020, nuovamente nella sua forma più completa.