Intervista a Azad Nanakeli, artista nato in Kurdistan (Iraq), formatosi in belle arti a Baghdad e a Firenze, dove vive. Mostre in diverse nazioni, nel 2015 presso la 56a Biennale Arte di Venezia, padiglione dell’Iran.
Le ultime quattro decadi hanno visto non solo lo sconvolgimento dei blocchi ideologici e la caduta di regimi dittatoriali, ma anche la sparizione di potenze e stati e la nascita di altri…
“Ciò che è accaduto nel mondo, in Europa e nel Medio Oriente è senz’altro un mutamento epocale, ma poco è cambiato negli equilibri politici ed economici per i cittadini del mondo. Questo perché le politiche di sfruttamento dei popoli e delle risorse naturali dei territori sono proseguite come se nulla fosse accaduto. Chi era povero è diventato ancor più povero, basti considerare la fame in Africa, oppure il fenomeno della migrazione, che rende subito evidenti le conseguenze delle guerre locali e dei cambiamenti climatici. Si calcola che siano attualmente in corso 123 guerre in tutto il mondo, e che più di 65 milioni di persone abbiano dovuto lasciare le loro terre e le loro case per vagare alla ricerca di un tetto meno pericoloso e minaccioso della morte”.
Chi ci guadagna da tutte queste guerre?
“Le industrie degli armi e non certo le popolazioni di quei Paesi”.
Comunque la UE, malgrado tutti i problemi che l’hanno afflitta negli ultimi anni, rappresenta un peso specifico non indifferente.
“È vero, ma è un peso economico e basta. L’Unione Europea ha rappresentato una formidabile opportunità per la realizzazione di quel sogno che avevano i suoi padri fondatori, ossia “Gli Stati Uniti d’Europa”, ma non è mai andata oltre gli interessi economici e bancari, con una forte accentuazione degli interessi nazionali. È sufficiente guardare ciò che sta accadendo per la questione della migrazione e a come l’Europa fallisca anche solo nella distribuzione di alcune decine di disperati arrivati su barconi di fortuna”.
Pur non essendo unica, è una storia singolare quella vissuta da Azad Nanakeli. Nato in una terra che da sempre lotta contro la sua spartizione per interessi coloniali ed economici e per l’unità del popolo kurdo, ha vissuto in Iraq l’infanzia e l’adolescenza. Per lungo tempo in Iraq ha predominato il pensiero nazionalista panarabo rappresentato dal partito Baath, che ha sempre negato ed escluso la possibilità dell’esistenza di altre etnie e dei relativi diritti. Azad Nanakeli,conseguiti gli studi d’arte all’Istituto di Belli Arti di Baghdad, approdò in Italia nel momento in cui si andava costituendo il Mercato Comune Europeo, antesignano di ciò che negli anni successivi divenne Unione Europea. Peraltro, nel 2011 espone alla Biennale di Venezia un’installazione sul tema dell’inquinamento.
È stato difficile ambientarti?
“Mi considero una persona semplice, ma spero non superficiale, e con una visione globale, con alcune idee sulle quali continuo a riflettere. Sono nato ad Arbil in Kurdistan (Iraq). Da diversi anni, e precisamente dal 1976, vivo a Firenze. Guardo alle cose con uno sguardo che cerca di andare oltre. Mi piace vivere in armonia con la gente, stare con gli altri, amare il mondo e, nei limiti delle mie possibilità, aiutare le persone a vivere meglio e ad affrontare le problematiche attuali del mondo. Lo faccio col mio lavoro di artista e intellettuale. Il linguaggio tramite il quale comunico con la gente è la pittura, il video e l’arte in generale. Ma lo realizzo anche attraverso l’arte di vivere insieme agli altri, in ricerca di un’armonia che permetta di costituire una parte positiva della società, oggi strattonata da molte parti e da migliaia di interessi contrastanti”.
Tornando alla UE, perché, secondo te, ha fallito nel diventare “Gli Stati Uniti d’Europa” come speravano i Padri Fondatori dell’Unione?
“Credo che il fallimento sia causato dall’assenza di una politica comune e dalla mancanza di una visione strategica dell’importanza di un fatto epocale come la UE. C’è poi un’ostilità di fondo, non annunciata ma praticata di fatto, da parte sia degli USA che della Russia. Un’Unione Europea forte ed unita va a scapito di queste due “vecchie” superpotenze, che negli ultimi decenni sono state affiancate dalla ormai superpotenza della Cina”.
Migrazione, ambiente e questioni riguardanti I’identità dell’individuo e dell’etnia: questi sono stati, già a partire dagli inizi degli anni Ottanta, i temi al centro della tua ricerca e del tuo impegno artistico. Un impegno in tempi non sospetti che ha in qualche modo anticipato diversi aspetti del dibattito politico e sociale in Italia e varie parti d’Europa.
“La mia attenzione a questi temi è nata in modo piuttosto naturale. Io sono parte della realtà della migrazione, sono uno dei tanti venuti in Europa da giovanissimi. Sono riuscito a integrarmi in una realtà diversa dalla mia. Non erano anni facili, ma certo non impossibili come lo sono i tempi attuali a proposito dei migranti. All’epoca siamo stati più o meno accettati, mentre oggi a causa di un certo tipo di politica e di propaganda, la questione dell’accettazione e dell’ipotetica e auspicabile integrazione è tra i problemi che affliggono non solo gli immigrati ma anche tutta la società stessa. La nostra completa integrazione in questa società non ha però cancellato del tutto l’esclusione che subiamo da sempre, specialmente nei momenti di crisi politica, interna o internazionale. Veniamo sempre guardati come se fossimo parte di un mucchio uniforme e omogeneo, non siamo percepiti come individui o come cittadini che hanno eguali diritti e doveri, pagano le tasse e si adeguano alle leggi del paese; siamo invece visti come parte di un’etnia classificata sotto l’egida di un credo religioso. Chiunque arrivi dai nostri Paesi viene guardato in questo modo mortificante, indipendentemente della sua provenienza geografica, religiosa o ideologica, e questo malgrado migliaia di noi sono rispettosi delle leggi italiane e hanno a cuore le sorti del Paese non meno degli italiani stessi. Siamo invece guardati come probabile e principale pericolo per la sicurezza nazionale”.
Sin da giovane, Nanakeli è stato ostile alle guerre, ai bombardamenti e alle distruzioni. Ha forte il ricordo dei bombardamenti dei villaggi del suo Kurdistan: emblematica la vicenda della cittadina di Halabja, tragicamente famosa per l’attacco con il gas nervino da parte del regime di Saddam Hussein.
Quale è la tua reazione in rapporto a queste vicende?
“Credo che la guerra esista solo se scatenata da interessi economici o da volontà egemoniche. Le guerre distruggono paesi e civiltà, e annientano le potenzialità economiche, culturali e civili dei paesi. Tutto ciò avviene per interessi economici, come è stato per il colonialismo. Consideriamo quello che sta accadendo oggi in Medio Oriente e nel Nord Africa, e anche in numerose altre parti del mondo: due terzi della popolazione mondiale ne subiscono le conseguenze in morte, distruzione, sfollamenti e migrazioni, con gravissime conseguenze sulla tenuta culturale dei popoli, sull’economia mondiale, sull’ambiente e sulla questione identitaria”.
E l’arte?
“L’arte è certamente utile, non tanto per creare cambiamenti tangibili e immediati, bensì per suscitare nelle coscienze delle persone domande e interrogativi”.
Erfan Rashid, giornalista, coordinatore siti arabi per AGI