La morte di Alexey Navalny
Non conosciamo la causa della morte di Alexey Navalny. Ci limitiamo a constatare che agli occhi del mondo civile rappresentava la resistenza a un regime politico profondamente corrotto, violento, dichiaratamente ostile alla democrazia, alla libertà di pensiero e di espressione. Aveva utilizzato con intelligenza i mezzi di comunicazione della modernità offerti da internet per svelare ai russi le menzogne del sistema di potere del Cremlino, gli arricchimenti illeciti degli oligarchi, le trame degli amici e dei nemici di Putin.
L’avvelenamento
Era sfuggito alla morte grazie alle cure prestategli dopo l’ultimo tentativo di assassinarlo avvelenandolo, ed era tornato nel suo Paese sapendo bene che sarebbe stato arrestato e incarcerato. Lo aveva fatto per testimoniare la sua fede nel progresso civile e nella capacità del popolo russo di perseguirlo. Era stato condannato con la ridicola accusa di “estremismo” a 19 anni di carcere. E in fondo l’accusa era corretta se consideriamo l’”estrema” determinazione che l’ha portato al sacrificio della propria vita. Poi era stato deportato in un carcere di massima sicurezza al di là del Circolo Polare Artico.
L’obiettivo
Come può una persona dotata di normale intelligenza non capire che l’obiettivo di questa barbarie era metterlo a tacere per sempre ? Il vero reato di Navalny in realtà era la difesa dello Stato di diritto, della libertà di pensiero e di espressione. Pensare con indipendenza di giudizio è proibito nei regimi dittatoriali e/o totalitari, e purtroppo chi vi nasce considera normale tale proibizione, normale l’obbedienza, la servitù mentale.
Valori in pericolo, non è una questione geografica
A questo punto è ancora necessario spiegare perché la guerra che si sta combattendo in Ucraina ha un’importanza esistenziale ? Non si tratta solo dell’indipendenza di un popolo vicino geograficamente all’Occidente. È molto di più. Perché se non si resiste all’aggressione esplicita portata a quei principi consolidati dalla civiltà occidentale negli ultimi cinquecento anni, di fatto si alimenta il consenso di massa a una spaventosa regressione culturale e morale che nessuno vuole.
E si incoraggia l’aggressore e coloro che, per motivi spiccioli di interesse, lo sostengono qua e là nel mondo a perseguire ulteriori obiettivi di conquista. È sempre doloroso parlare di guerre di civiltà. Ma, come è già accaduto nel XX secolo, non ci si può arrendere di fronte alle dittature se non rinunciando alla propria dignità.