Riprendo dalla spigolatura precedente.
La questione non è se gli antichi greci avessero o meno tecnologie digitali, ma se potessero pensare in forma digitale, cioè se fossero più disposti all’evidenza del discreto, il singolare, piuttosto che alla determinazione del continuo.
Il passo di Omero sulle navi dei Feaci georeferenziate e guidate da una sorta di intelligenza artificiale non dimostra di certo che avevano tecnologie IT, né che Omero sia l’inventore della fantascienza. Dimostra che sapevano pensare in modalità digitale, cioè che potevano essere smart.
Non privilegiavano il calcolo preventivo, cioè quello che pretende non solo di dire come sono andati veramente i fatti (questo è il compito che noi abbiamo dato alla storia) ma anche di affermare come dovranno necessariamente andare i fatti (questo è il compito che noi abbiamo attribuito alla scienza). Gli uomini di Omero privilegiavano l’atteggiamento kairetico, cioè quello che fa sì che il comandante della nave, il kibernetes, non sia colui che già sa ciò che si deve sapere per essere comandante di una nave, ma colui che sa interagire con gli imprevisti e sa prendere, caso per caso, l’occasione opportuna. Ulisse, insomma. Questo è il kairos. Questo è essere smart. Alcinoo era smart nel modo di pensare prima che nelle tecnologie a disposizione. Omero lo sapeva bene, visto che dà il nome di Alcinoo al re dei Feaci. Alcinoo è composto da alce, forza , potenza e nous, mente pensiero, spirito, uomo dal forte pensiero, ed essere smart è una questione della mente.
Peraltro, il luogo logico, fenomenologico, esperienziale, fattuale, sociale , nel quale abbiamo fatto di tutto per conservare almeno la memoria del kairos, è in quella cosa che chiamiamo arte, che non a caso è sorella (sic!) nemica della scienza. E visto che troviamo inammissibile che esistano due verità, quella dell’arte e quella della scienza, ci siamo inventati, credendo di risolvere la contraddizione, la distinzione tra scienze delle spirito, ideografiche, non previsionali, e scienze della natura, nomotetiche, cioè capaci di scovare leggi universali valide in ogni tempo e in ogni spazio. Così permangono due verità e quando le verità sono due possono anche essere molte e così il Tutto diventa il Nulla. Siamo immersi, direbbe qualcuno, inevitabilmente nel nichilismo.
Il digitale però agisce contemporaneamente nella e per differenza e anche nella e per l’identità. Il digitale è per propria natura kairetico (Non ritorna là , ma è kairetico), privilegia il discreto, cioè il singolare sapendo anche calcolare il continuo. Tutto può essere contemporaneamente arte e scienza. D’altra parte è stato Hegel a raccontarci che l’arte sarebbe morta, o meglio che avrebbe trovato il suo compimento nella realizzazione dello spirito cioè del pensiero. Ed è stato il suo allievo Marx ad affermare nel suo “Manifesto” che nel comunismo compiuto tutti avrebbero scritto poesie e dipinto quadri. Un mio laureando un giorno mi dice: “Professore , ho finalmente capito: Il digitale è il comunismo realizzato”. Si sbagliava , ovviamente, ma qualcosa da tenere presente c’era.