Il denaro in mostra a Parigi
Una mostra molto interessante alla Monnaie de Paris, fino al 24 settembre di quest’anno, fa scoprire che il denaro ha avuto un ruolo più importante di quello che si potrebbe credere nella creazione artistica occidentale. È il Rinascimento che ha generato un curioso interesse per tutto ciò che ha da fare con quest’argomento inaspettato, soprattutto nel nord dell’Europa, in primo luogo nei Paesi Bassi.
Allegorie e realtà
La mostra presenta ritratti di pesatori di moneta o d’oro o collettori di tasse rappresentati nella loro funzione, qualche volta con ironia o disprezzo. E non è raro che possano essere un’allegoria dell’avarizia o dell’usura, come è il caso del quadro attribuito a Jean de Massys, oppure quello di David Ryckaert: l’espressione di questi professionisti è sgradevole. Altri sono semplici messe in scena del loro lavoro. Nel caso del Prestatore di denaro e sua moglie, si tratta di invece un ritratto classico. Sono ritratti che giungono soprattutto dal Quattrocento. Ovviamente, è difficile sapere oggi si se tratta d’una denuncia dell’avarizia, come è ovvio nel dipinto Mattias Stomer. L’ambiguita è frequente. Dietro c’é la condanna della Chiesa.
C’é poi il tradimento di Giuda che ha venduto Cristo per pochi soldi. Però, la storia antica ci dà un’altra interpretazione: basti pensare alla pioggia di oro sul corpo di Danae, che ha ispirato Tiziano (e non è stato l’unico a trattare questo tema alla fine del Cinquecento e all’inizio del Seicento). Non c’é in questi casi un discorso morale. Tutto è cambiato e il capitalismo è stato considerato una virtù.
Il valore del denaro
Alla fine del suo saggio Les monnayeur du langage (1984), Jean-Joseph Goux vede una nuova opportuna teoria del valore. Dobbiamo aspettare la nascita dell’arte moderna e i suoi sviluppi per vedere di nuovo il denaro come oggetto privilegiato dell’arte.
Marcel Duchamp è uno dei primi a trattare questo tema con la sua Obligation de cinq-cents francs per la roulette de Monte-Carlo (1924) e Marcel Broodhaers dedica un biglietto di cento franchi belga – poi, per il suo museo immaginario ha prodotto una serie di lingotti d’oro chiamati Museum-Museum (1972).
Ma è soprattutto Andy Warhol a marcare il suo tempo con la multiplicazione di biglietti d’un dollaro con tante versioni diverse. Il soggetto del dipinto è solo una serie di biglietti oppure un solo simbolo, come Dollar Sign del 1962. Tanti altri artisti hanno voluto esprimere il loro modo di vedere, da Arman a Ben.
In questo modo, il denaro senza dubbio è stato presente in molte occasioni, nel dopoguerra. Yves Klein ha gettato un lingotto d’oro nella Senna in una performance intitolata Cession de la Zone de sensibilité immatérielle à Michale Bakfort, Pont au Double, Paris, il 10 febbraio 1962.
Bueys, arte e denaro
Senza dubbio è Joseph Beuys che ha approfondito il rapporto fra arte e denaro con la sua composizione su lavagna in lettere rosse: Kunst = Kapital, del 1980. Ha sviluppato quest’idea l’anno successivo in Das Kapital a Zurigo. Già nel 1977 aveva creato un ciclo chiamato Das Wirtschaftswert-PRINZIP. E non dobbiamo dimenticare la lunga serie di fotografie di Salvador Dalì realizzata da Philippe Halsmann, dove i baffi dell’artista sono trasformati nel segno del dollaro e ornati di biglietti americani.
Gli artisti e il mercato
Tutto questo ci fa capire che gli artisti hanno riflettuto sulla loro situazione nel campo del mercato, anche nell’occasione di celebri battute d’asta come quella dell’opera Homme qui marche di Alberto Giacometti oppure quella d’un ritratto di Gustav Klimt. E forse c’è da chiedersi come mai un’opera contemporanea possa valere di più di un’opera di Delacroix o di Rubens. La speculazione ha preso ormai un cammino sconcertante.
L’Argent dans l’art, sotto la direzione di Jena-Michel Bouhours, Edizioni In fin & Monnaie de Paris, 35 €.
Dello stesso autore: A Milano un bagno nel Surrealismo