I virus sono “organismi” difficili da studiare. Non assomigliano a nessun altro essere vivente: batteri, protisti, funghi, umani, rettili, insetti, ecc. Possiamo immaginarli come piccolissime borse fatte di proteine e piene di materiale genetico. Oppure, per semplificare ancora di più, paragonarli a un pallone da calcio in cuoio ripieno di lunghissimi e sottilissimi spaghetti. Ogni spaghetto ha milioni di codici informatici scritti per tutta la sua lunghezza. Il pallone non è certo un essere vivente. Esso non respira, non mangia e non comunica. Il virus non ha alcuna direzione, nessuna scelta. Non pensa nemmeno, non reagisce alle condizioni ambientali e non possiede una coscienza.
In ogni caso, una volta che il virus entra in contatto con un ospite, penetra al suo interno e tutti gli “spaghetti codificati” vengono trasmessi attraverso la ferita, “riprogrammando” l’ospite. Quest’ultimo è costretto a produrre a sue spese (in energia e risorse) nuovi “palloni da calcio”, moltissimi nuovi palloni da calcio. L’arte della riproduzione: è questo l’unico aspetto in cui i virus somigliano agli esserci viventi. Questo ci porta nel dibattito sulle future “intelligenze artificiali” e i robot. Se i robot del futuro saranno in grado di riprogrammare altre macchine per produrre copie di quegli stessi robot, identici sia nella struttura che nella programmazione, quella sarà considerata riproduzione? E quei robot saranno considerati organismi viventi?
A dire il vero, i virus non assomigliano ai robot, somigliano più a chiavette USB o, per i virus più grossi, ad hardware esterni: contenitori di informazioni immagazzinate, privi di una propria fonte di energia.
Il problema sta però nella riproduzione virale. L’ospite non fabbrica i nuovi “palloni” fuori dal proprio corpo, ma al suo interno. Centinaia di migliaia di virus vengono prodotti internamente. Nella maggior parte dei casi, i palloni escono dal corpo senza creare troppi danni. Dopotutto, la “fabbrica” deve rimanere operativa per produrre nuove migliaia di palloni in più, milioni, forse miliardi. Il vero pericolo in questo caso è che il paziente perda energia col tempo, diventando stanco e debilitato. Il sistema immunitario sarà sovraccaricato di lavoro ed in cattive condizioni e permetterà così ad altri avversari (di norma troppo piccoli per creare danno) di attaccare l’ospite e causare ulteriori malattie.
In altri casi la velocità con cui i virus si moltiplicano è troppa per poter uscire senza causare danni. E con l’aumentare del numero dei virus, aumenta anche la pressione interna del paziente, sempre di più, e può capitare l’inevitabile, mentre una “cosa” non-vivente, una chiavetta USB organica moltiplicatasi a dismisura può sopravvivere.
Se i virus sono come palloni da calcio riempiti di spaghetti o chiavette USB, come li possiamo fermare? Come si deve trattare il paziente quando è stato infettato? Come si evita che il paziente sia infettato? Batteri, funghi e parassiti sono tutti organismi viventi. Possiamo somministrare al paziente medicine e composti chimici che blocchino gli organismi estranei uccidendoli, bloccandone la respirazione, il movimento o la riproduzione. Possiamo anche dare al paziente medicine che agiscono all’esterno del suo corpo (al di fuori del livello cellulare) o sul suo flusso sanguigno. Tuttavia, non possiamo “uccidere” un virus, così come non possiamo “uccidere” un hardware esterno. Possiamo bucare un pallone con un coltello ma gli “spaghetti-codici” in esso contenuti continueranno ancora a fuoriuscire e potrebbero ancora causare delle “riprogrammazioni”.
Quindi, cosa può fare la moderna medicina per fermare i virus? Non molto (se paragonato almeno con quanto fa contro i batteri). Una volta che l’informazione contenuta nel virus è entrata nel paziente, le moderne tecniche non possono fare molto all’interno delle sue cellule. La nostra tecnologia non è così avanzata da fermare del materiale genetico attivo. Ciò che possiamo fare è impedire al virus di attaccarsi all’ospite in primo luogo. Ritorniamo sull’analogia del pallone da calcio. Gli appassionati sanno che i palloni hanno diverse caratteristiche a seconda del design esterno. Persino il pallone ufficiale della FIFA cambia da un mondiale all’altro.
Ora, la forma esteriore è estremamente importante nell’attaccarsi a un ospite. Le nostre cellule hanno strutture esterne utilizzate per la comunicazione e le strutture esterne dei virus sono create per potersi agganciare perfettamente alle strutture di comunicazione delle altre cellule, un po’ come lo Space Shuttle quando deve attraccare alla Stazione Spaziale Internazionale. Se lo Shuttle non è progettato correttamente, non può agganciarsi alla stazione spaziale. Perciò se trattiamo un paziente con composti che coprono i moli d’attracco delle cellule, allora il virus non può attraccare e pertanto non può riprodursi.
Un’altra maniera di proteggersi, la più efficace, è sottoporsi a vaccinazione.