Franz Kafka e la letteratura del secolo scorso
Una schiera di scrittori del secolo scorso e ancora oggi si è dedicata all’esame del “problema Kakà”, a partire dal suo migliore amico, Max Brod, che scrisse un romanzo poco dopo la sua morte in cui appare sotto un’altra identità e si separa.
C’erano I. B. Singer, Georges Bataille, Jorge Luis Borges, André Breton (che lo fece apparire nella sua Antologia dell’umorismo nero nel 1940), Elias Canetti, Maurice Blanchot, Claudio Magris, Roberto Calasso, Milan Kundera, Ivan Klima, W. G. Sebal, senza dimenticare saggisti e biografi, come Marthe Robert, Claude David, Patrizia Runfola (che scrisse un prezioso Praga al tempo di Kafka), K. Wagenbach, per non parlare di filosofi come T. W. Adorno, Gilles Deleuze e Félix Guattari. Fare un elenco completo sarebbe già di per sé l’argomento di un libro.
Un nuovo testo di Giorgio Fontana su Franz Kafka
Non c’è mese a Parigi in cui non esca qualcosa su Kafka. Con vari gradi di successo, tutti hanno cercato di catturare l’inafferrabile, cioè l’essenza della scrittura di Franz Kafka. Quella che il giovane Giorgio Fontana ha intrapreso è una vera e propria sfida. Dopo aver dato alcune indicazioni sulla vita di Kafka, in modo piuttosto incompleto, ha cercato soprattutto di capire come funzionava la sua letteratura. E lì, ha dipinto con grande sagacia quello che sembra essere il marchio di fabbrica di questo straordinario scrittore.
Ci fa capire che lo scrittore praghese aveva l’abitudine di modificare lo spazio in cui si trovavano i suoi personaggi, o addirittura di dilatare il tempo della storia. Si tratta di osservazioni essenziali. Scopriamo che l’universo che descrive è allo stesso tempo reale e irreale, sempre afflitto da alcune strane modifiche che rendono le sue storie sempre più problematiche. Le sue analisi del suo modo di affrontare le vicende familiari o la situazione del figlio, che sono quasi violente nel suo lavoro. Esplora il corso de Il processo, il romanzo più compiuto perché gli mancherebbe solo un capitolo, che, ai nostri occhi, non sembra importante.
È anche vero che Max Brod disponeva i capitoli in un ordine che gli sembrava logico, ma che forse non era quello voluto dall’autore. Ma qui, che dire? Ho trovato ammirevole il suo studio del Castello, che considera “un’opera assolutamente esoterica“. La sua lettura di questo libro, anch’esso particolarmente esoterico, è piuttosto notevole perché riesce a mettere in luce gli obiettivi di Kafka, che sono necessariamente sventati. Nelle sue pagine Fontana ha dimostrato di essere un ottimo lettore, capace di comprendere alcuni dei meccanismi di questa narrativa per definizione piuttosto bizzarra e confusa.
La storia del grande scrittore praghese e i suoi meccanismi narrativi
L’autore analizza ancora qualche storia, e parla degli ultimi anni di Kafka e della sua morte. In realtà, non si muove verso un qualche tipo di conclusione. Anzi. Compie varie spedizioni nel cuore della scrittura di Kafka senza pretendere di dire tutto quello che si poteva dire – in primo luogo perché davvero impossibile, e in secondo luogo perché sarebbe stato molto presuntuoso da parte sua.
Ciononostante, riesce a far luce sul curioso meccanismo che ha portato Kafka a comporre i suoi testi, soprattutto i suoi primi due romanzi. Credo che lo stesso Kafka abbia perso la strada nello scrivere queste due grandi opere, perché l’arte del romanzo richiede qualità e condizioni che le mancavano. Con tale tipo di “infermità” ha prodotto opere magnifiche, indimenticabili, accattivanti, che, a distanza di più di cento anni, ci toccano ancora e non sono diventate “classici”, cioè pezzi memorabili della letteratura, ma ormai di un’altra epoca. Giorgio Fontana è una guida capace di condurci attraverso questi labirinti narrativi, una qualità rara.
Kafka. Un mondo di verità, Giorgio Fontana, Sellerio Editore Palermo, 308 p., 16 euro.