Due notizie complementari: la prima relativa al fatto che al Museo del Novecento di Milano la direzione chiude le sale espositive dell’arte cinetica e programmata e liquida le opere non acquistate restituendole agli artisti o ai loro eredi, e la seconda è il rumore suscitato da un’ambigua mostra intitolata “Paraventi”, allestita alla Fondazione Prada, sempre a Milano.
L’arte e il mercato
A che serve sottolineare che, al di là del valore del movimento cinetico, in effetti si oscura qualcosa di cui il mercato non sa più che farsi, perché ingombrante, difficilmente esponibile in spazi che non siano museali e in sostanza “sorpassato”, mentre in contemporanea si pompa una materia che poco ha a che vedere con la cultura occidentale, ma perfettamente adatta ai tempi consumistici e volgari che stiamo attraversando?
Si sa da tempo che è il mercato delle grandi gallerie a dettare le direttive delle acquisizioni nelle istituzioni museali, ma non dovrebbero essere gli enti pubblici a illustrare gli aspetti storici che riguardano la materia per cui sono stati istituiti? Fin qui niente di nuovo, ma ora il mercato si mette a comandare anche retrospettivamente.
E’ così che assume un significato illuminante anche la seconda novità: la mostra nei prestigiosi spazi privati della Fondazione summenzionata. Cortine più o meno mobili di tutti i tipi e paraventi classici, alcuni decisamente azzardati (dubito per esempio che Le Corbusier o Yves Klein ne abbiano mai costruito qualcuno e non sono i soli sui quali scende la nebbia del dubbio d’autenticità), altri parecchio estrosi concepiti per l’occasione da artisti contemporanei che hanno interpretato il tema per l’occasione anche con i nuovi mezzi digitali. Il tutto mescolato a esempi storici della cultura dell’estremo oriente, dove nelle case aperte e leggere il mobile ha una tradizione e un significato.
Quando l’arte e il mercato vanno a braccetto
Altro che lo spazio architettonico indagato dai Colombo e /co! quello intimo, privato, dietro il quale nascondere la vergogna della famosa forbice della ricchezza, sempre più scandalosamente aperta. Del resto cosa aspettarsi di diverso da un’istituzione che si accomoda felicemente sui proventi di una clientela in grado di comprarsi borsette da signora da 5.000 Euro in su? Prevedendo l’andazzo di una città in cui il lusso sfrenato ha invaso ogni angolo, con i proventi delle vendite delle borsette (si fa per dire) Prada ha costruito un grande museo. Tanto di cappello! Il privato sostituisce il pubblico quando questo latita: è naturale.
E il cerchio si chiude sul Nuovo Rinascimento: aspettiamo pazienti che Lucrezia Borgia con la sua borsetta si affacci sulla loggia vaticana a sollazzarsi della monta degli stalloni.
W Nagasawa, ma i suoi paraventi, forse gli unici che quarant’anni fa hanno tentato di dire qualcosa alla cultura occidentale (Occidente ha un’etimo profetico), non erano in mostra.