Freacks out, la recensione circense

Freaks out

Cinema italiano

La sottesa questione legata a questo particolare film la esponiamo immediatamente. Il cinema italiano può permettersi un film come questo?
Già in passato il regista Gabriele Mainetti ha affrontato questo dilemma. Con “Lo chiamavano Jeeg Robot” tenta di portare in chiave italiana 
un genere tipicamente statunitense ovvero i supereroi
In questo caso l’operazione si arricchisce di molti altri ingredienti. Gli anni ’30 a Roma, elementi presi dal Circo Barnum, il tema dei reietti, la persecuzione nazista,
la ricerca di una famiglia allargata e la rudezza della resistenza. Tutto questo sarebbe bastato a farne un bel film ma qui si innestano elementi 
estetici che ricordano “Il labirinto del Fauno” di Del Toro, la conseguente atmosfera da fiaba nera e una specie di, non si sa quanto voluto, riferimento 
al potere di una energia potentissima trasformata, per motivi bellici, in un arma devastante. 

I personaggi

La composizione di questa piccola famiglia di girovaghi comprende una figura paterna (Israel/Giorgio Tirabassi) e quattro talentuosi personaggi fuori dal comune. Controllo degli insetti (Cencio/Pietro Castellitto), magnetismo (Mario/Giancarlo Martini), forza animale (Fulvio/Claudio Santamaria) ed elettricità (Matilde/Aurora Giovinazzo) sono le loro straordinarie capacità. Intensi e poetici, colorati e disperati, rapiscono fin dall’inizio l’attenzione dello spettatore. Oltre ai protagonisti è interessante la presenza di un super cattivo (Franz/Franz Rogowski), l’uomo con sei dita ed eccezionale pianista che vede il futuro, non meno elaborato e con elementi di originalità. Infine da segnalare la figura del partigiano gobbo (Il Goggo/Max Mazzotta). Rude, coriaceo, espressivo ed estremamente incisivo nella battaglia. Tutti loro portatori di difetti fisici e abilità stupefacenti. Una storia fatta di diversità, ingiustizie, sofferenze inquadrati nella storia del novecento. 

Mitologia moderna 

Il periodo storico che racconta della resistenza italiana e del complicato finale della seconda guerra mondiale è ancora carico di dilemmi. Per quanto se ne siano ripercorse le trame, rimane un pezzo di storia che deve essere ancora completamente digerito. In questo lungometraggio ne vediamo alcune sfaccettature in controluce. L’ossessione dei nazisti la propria superiorità e per la purezza della razza (si intravede nel conflittuale rapporto tra Franz e il fratello) ma anche una morbosa fissazione per il soprannaturale. Allo stesso tempo vediamo la durezza degli uomini della resistenza, un po’ pirati e un po’ disperati straccioni. Una narrazione che si permette inserti di fantastico e di inspiegabile (non sappiamo come Matilde possa vere ottenuto i propri poteri) ma che affonda i piedi nella melma della persecuzione degli ebrei.

Curiosità

Stravagante la collezione di disegni di Franz, che, aiutato dall’etere, ottiene squarci di futuro e intravede così l’avvento della playstation, iPhone e canzoni di successo. Toccante il Gobbo quando intona, la finalmente ben contestualizzata, “Bella ciao”. Un po’ come a riprendersi un simbolo recentemente usato nella spagnola “Casa di carta”.

 

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