Fondi Europei, 40 miliardi di euro è la seconda rata del Piano di Ripresa e Resilienza. Erogazione dicembre 2022. Per quella data il governo italiano dovrà aver completato un centinaio di target e qualche decina di riforme concordati con l’Unione Europea, ma soprattutto i progetti per i quali è stato richiesto il finanziamento dovranno essere operativi. Nel gergo si dice messi a terra. La sedia del primo ministro Mario Draghi scotta ma per il sindaco Beppe Sala, che sul filo del rasoio pilota il transatlantico di Milano in una traversata tempestosa, potrebbe essere un’occasione d’oro.
Fondi Europei, Milano è pronta
C’è una relativa sicurezza che il Ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, a dicembre, sarà costretto a rimodulare gli interventi finanziati dai fondi europei. Molti sono gli enti che non riusciranno a mettere a terra i progetti soprattutto nel Centro Sud. Per quella data Milano sarà invece pronta con molti progetti tutti pronti a partire. La burocrazia del Comune e delle aziende di proprietà comunale è perfettamente oliata con progetti pronti nei cassetti delle scrivanie, rapida a prendere il posto di altre amministrazioni meno efficienti. Milano riuscirà, se tutto va bene, a ottenere molti più finanziamenti di quanto previsto.
I progetti
La macchina amministrativa del Comune di Milano è sotto pressione. Gli sforzi non vengono lesinati. Ogni possibilità viene contemplata. Il quasi raddoppio del Museo del Novecento, circa 20 milioni di spesa, con sottinteso invito alla Sovrintendenza di non trasformarlo in un altro disastro come l’allargamento di Brera in Palazzo Citterio, la BEIC, la biblioteca europea con un progetto rivisitato che da 300 e passa milioni di euro va a 150, il restauro e l’adeguamento energetico delle case popolari, villaggio Rizzoli, 10 milioni di euro, interventi vari di sistemazione del corso del Lambro, un’altra decina di milioni. Questo è solo l’anticipo, sono solo noccioline.
Fondi Europei, le infrastrutture
Se le cose girano nel modo giusto, per dicembre 2022 sul piatto degli investimenti ci sarà ben altro. Ci sono gli allungamenti delle linee della metropolitana, una decina di stazioni tutte cantierabili immediatamente fuori dalla città dove i fastidi sarebbero minimi con i macchinari, le gigantesche talpe meccaniche delle imprese, già sul posto. Siamo ben oltre la cerchia della 90/91, dove sta avvenendo il boom immobiliare a Milano. Sarebbero 800 milioni di euro di investimento molto appetibili nel caso di incertezze di altri enti italiani nel superare i durissimi esami per l’acquisizione dei fondi europei. Ma senza molte difficoltà potrebbero essere raddoppiati o triplicati con altre linee tramviarie, metropolitane e stazioni di interconnessione con la rete ferroviaria e suo ammodernamento.
A questi si aggiungono i progetti sulla rete energetica di AEM. Prendersi una quota rilevante dei fondi PNRR vuol dire cambiare Milano, trasformarla da una grande città a una coerente area metropolitana. In gioco c’è la possibilità concreta di uscire da due decenni di stagnazione dell’economia. La posizione del Comune di Milano come ricettore di fondi europei, che altrimenti verrebbero persi, è la chiave dell’azione di un sindaco e di una città pronti a una concorrenza spietata di tutti contro tutti. Avversaria principe per la sua efficienza l’Emilia Romagna di Stefano Bonaccini.
Il sindaco Sala condivide la preoccupazione con Mario Draghi per il quale il vero problema è riuscire a spendere i finanziamenti europei. Il Piano Marshall negli anni del dopoguerra era molto snello. Soldi alle grandi reti e alle industrie per far ripartire il Paese. Milano propone qualcosa di simile nel caso non si riescano a spendere i fondi in altre parti d’Italia. Soluzione efficiente e senza retorica patriottica.