Lucio Dalla avrebbe fatto finta di nulla, ma non avrebbe detto: bravi! Si sarebbe tenuto l’amaro in bocca e il negro in mente. Sanno cantare i Negramaro? Sì, e sono anche di buona qualità? Che forse Giuliano Sangiorgi ha cantato male la famosa “4 marzo 1943”? No, nient’affatto. E allora? Ha cantato, e basta. Per canzoni così particolari per cadenza e ritmo (tra ballata di un aedo e i sincopati tipici del bolognese) in genere sono due le soluzioni: o cerchi di emulare il modello o provi a reinventare l’interpretazione, pur nel rispetto dello spartito. In questo caso non c’è stata nessuna delle due cose. Non è l’unico caso, specialmente se si considera la sovrabbondanza delle cover.
Il “Penso positivo” di Renga e Casadilego è riuscito brillante, e persino più interessante e trascinante dell’interpretazione dello stesso Jovanotti. Sferzanti, arrabbiati, giudici inflessibili della società. Come dire: tutti “Zitti e Buoni”, che è appunto il titolo del brano dei Maneskin. All’ironico, allo sferzante, al rap e il rock duro affidano il loro pensiero di fondo: “Siamo fuori di testa ma diversi da loro”.
Il “Non sono la sclerosi multipla, sono Antonella Ferrari”, esclama con forza l’attrice, di cui viene sottolineato il ventennale impegno professionale. E il plauso al teatro in generale e alla sua importanza messa a tacere dalla pandemia si fa subito strada.
Un Festival “Splendido Splendente”?. Quanto meno grazie alla riapparizione all’Ariston di Donatella Rettore, dopo circa 30 anni, con quella sua famosa canzone del 1979.