Premesse lontane ai discorsi sul Festival della Bellezza di Verona
Prima ancora che nascesse il Festival della Bellezza di Verona, nella cultura occidentale esiste un riferimento obbligato per ogni discorso sull’erotica e la bellezza: il Simposio di Platone, in cui, com’è noto, il filosofo greco si serve di un dialogo conviviale per riflettere sul ruolo del bello nell’animo umano. Protagonista del testo è il racconto che Socrate restituisce del suo incontro con la sacerdotessa Diotima, capace di iniziarlo al mistero dell’attrazione, mostrandogliene cioè l’importanza ai fini di una più alta conoscenza del reale.
Un magistrale esempio del pattern forma – contenuto
La bellezza della scrittura platonica seduce il lettore a proposito della bontà della sua argomentazione. Restituisce, infatti, un esempio magistrale di unione tra forma e contenuto che sarà punto di riferimento per la riflessione filosofica. In quest’ambito abbiamo cominciato a capire come dar voce in prima persona alle donne, evitando il filtro della narrazione maschile. A questo modo si offrono autorevoli e nuove prospettive a un monologo di genere altrimenti destinato a cogliere un solo lato della realtà.
La presenza marginale delle donne
Tutte considerazioni che devono essere rimaste estranee ai promotori del Festival della Bellezza di Verona, che nella sua attuale edizione prevede la partecipazione di un nutrito numero di relatori esclusivamente di sesso maschile. Fa eccezione Jasmine Trinca che, alla fine dell’agosto scorso, ha dialogato con il Direttore artistico Alcide Marchioro (il Festival continua fino al 19 settembre). Un’altra eccezione è rappresentata dalla pianista Gloria Campaner e di Emilia Costantini (che ha moderato due incontri per Pupi Avati), e di Alessandra Zecchini a proposito di Luca Barbareschi. Inutile sottolineare quanto la mancanza di diversificazione non colpisca solo le donne, ridotte ad un ruolo ben meno che secondario, ma escluda e così cancelli tutte quelle forme, pure reali, di espressione dell’eros e della bellezza ree di divergere da un certo canone eterosessuale. È opportuno, inoltre, fornire alle donne la possibilità di partecipare attivamente, anziché relegarle nella posizione di oggetto. Sarebbe stato un modo per prendere posizione contro la mercificazione e la sessualizzazione del femminile.
Un fiore deliziosamente muto
Eppure, l’unico imbarazzo nell’includere delle relatrici nel programma del Festival della Bellezza di Verona sarebbe stato quello della scelta, dato che i nomi da prendere in considerazione non mancano. Certo, a patto di non voler restare così fedeli alla forma del festival da tradurla in norma per organizzarne il contenuto, sicché le donne sono coinvolte solo quale simbolo della bellezza. Esattamente come nell’immagine che accompagna il logo dell’evento: una bambina, splendida come un fiore e come un fiore deliziosamente muta.