Il mondo, nella sua complessità, è composto da ciò che posso vedere, come la mia presenza (se riflessa da uno specchio), quella degli altri uomini, la natura, il cosmo; e da ciò che non vedo, ma che posso supporre sia al di sotto (inconscio) o al di sopra (aldilà) della realtà. La mia ragione è come una lampada che illumina tutto questo. Se non ci fosse, tutto sarebbe oscuro o, al massimo, limitato alla sola percezione sensoriale che possono averne anche gli animali. Se non avessi neppure questa, come è il caso dei ciechi e dei sordi, il mondo non sarebbe percepibile. Se non avessi neanche la mente, esso non esisterebbe proprio o, più precisamente, non esisterei io.
Quanto al sentimento, indicando con questa parola ciò che si “sente”, che sia esterno o interno a noi, esso ci può dare non un’idea ma una sensazione del mondo, spingendoci a soddisfare i bisogni primari, come il nutrirci, il cercare riparo e riposo, il generare, che la ragione si incaricherà di servire e realizzare.
Ecco quindi come, capitato in questo mondo, mi sono trovato attrezzato al meglio per viverci. Ma per quale scopo? Oltre, appunto, a quello di vivere, c’è quello di cercare di superare la morte, trasmettendo la vita alle generazioni successive. Ma c’è forse uno scopo più alto che la sequenza di queste, con le sue innumerevoli nascite e morti, permetterà un giorno di raggiungere?
Se la ragione ci permette di andare oltre la semplice “sensazione”, con cui viene normalmente percepito il mondo, per indagarne la complessità e la costituzione, è possibile andare oltre la ragione stessa? Gli uomini hanno sempre cercato di farlo, per mezzo della religione, della filosofia e dell’arte, ma senza alcun risultato al di fuori di qualche intuizione, di qualche spiraglio, talvolta uno sprazzo di luce. Forse solo delle illusioni di cui si alimentano, su piani diversi, tanto le credenze popolari quanto i più alti pensieri. La verità è che, purtroppo, l’attrezzatura di base che ci è stata data per il nostro breve viaggio sulla terra non comprende proprio il magico kit che occorrerebbe per andare oltre.
É vero che ci sono ormai i viaggi spaziali, in parte solo fantascientifici ma in parte anche veri e in via di sperimentazione. Essi non costituiscono però un superamento della ragione ma, al contrario, uno dei suoi più brillanti successi, non sufficienti però se il problema è l’uscita dal mondo fisico e non la sua esplorazione. E’ l’uscita dallo stadio dell’esistere in cui gli esseri viventi sono imprigionati, (gli animali dalla sensazione e gli uomini anche dalla ragione) per accedere a quello dell’essere o almeno avvicinarvisi. Ma, oltre alla speranza, è davvero possibile farlo? E’ il regno di Dio annunciato da Gesù, o il paradiso di Maometto, o il nirvana del Buddha? E’ l’eterno, al di là dell’effimero e del temporaneo che la ragione esplora ma che in realtà contribuisce a costruire?
Non con la ragione quindi ma forse solo con la fede è possibile raggiungerlo o almeno sperarlo, la fede che è appunto “sostanza di cose sperate”, come diceva Dante. Vorrei umilmente ripeterlo anch’io, se non fosse per il quadro che ho scelto per accompagnare questo articolo, dal titolo “Aurora”, che mi spinge a pensare che la fede è appunto come un’aurora, quella che precede il sorgere del sole.
Per molti è solo un fatto fisico, che d’altra parte non abbiamo quasi mai l’occasione di vedere; per altri invece è un simbolo con un più alto significato, quello della possibilità di un nuovo inizio, di una nascita, e forse del sorgere di un sole spirituale che finalmente annulli o almeno rischiari l’oscurità in cui vive l’umanità. Forse solo una speranza, ai limiti dell’utopia, ma io vedrei piuttosto in essa il segno che indica una direzione, un senso, e anzi l’annuncio della sua verità. Per quanto essa sia splendente, solo la fede può permetterci di vederla.