Avril Haines, direttrice della National Intelligence statunitense, di fronte alla Commissione Forze Armate del Senato a Washington, ha spiegato con estrema chiarezza la strategia del Cremlino in Ucraina. Colpire bersagli mirati come le centrali elettriche non serve a vincere una guerra che promette di essere lunga.
Ciò mette a dura prova la volontà di resistere degli ucraini. La progressiva avanzata e le conquiste di piccoli villaggi, per quanto lente, finiranno per alimentare la paura dell’occupazione totale. E questo farebbe pensare a una resa dolorosa ma inevitabile. Seppure da un’altra prospettiva, la Haines finisce per avvalorare lil fatto che Emanuel Macron attacca.
L’allarme del capo dell’Eliseo, più volte reiterato in occasioni di importanti incontri diplomatici e in dichiarazioni sempre più dure agli organi di stampa, sembra confermato dagli analisti d’oltreoceano.
Emanuel Macron attacca, perché teme che un eventuale sfondamento del fronte da parte di Mosca costituisca una sconfitta, Con la conseguebnza che l’Unione Europea farebbe fatica a riprendersi.
Oltre a dimostrare la sua quasi totale impreparazione militare, l’Unione non riuscirebbe a giustificarsi di fronte ai suoi cittadini per i miliardi sprecati per la causa dell’indipendenza ucraina. E non solo.
La prudenza con cui all’inizio della guerra si è quasi rassicurata Mosca sulla indisponibilità europea a fornire a Kiev armi pesanti, ha quasi incoraggiato il Cremlino a procedere nella sua “operazione speciale”. Ma le armi pesanti in seguito sono state fornite agli ucraini, quando si è valutata troppo rischiosa la prospettiva di un’occupazione militare russa dell’Ucraina. Oltre a cannoni e carri armati fra qualche mese Kiev avrà anche aerei da caccia e bombardieri pesanti che innalzeranno il livello dello scontro e incrementeranno oltre misura la sua pericolosità.
Emanuel Macron attacca e il suo retropensiero può essere così sintetizzato. Sarebbe stato meglio trattare la questione con decisione e affrontare sul campo gli aggressori, che in tal caso avrebbero sicuramente moderato le loro pretese territoriali e accettato trattative degne di questo nome. Invece l’incertezza, l’ingiustificata speranza di poter superare senza danni la crisi, l’impreparazione psicologica della classe politica del continente ha portato a risultati non certo ottimali, stando alla situazione attuale.
Le decine di sanzioni comminate alla Russia non ne hanno destabilizzato l’economia né l’hanno spinta a moderare la sua offensiva. Ciò sia per le alleanze più o meno dichiarate con colossi come Cina e India o antioccidentali come Iran e Corea del Nord, sia per il potere dittatoriale ereditato dall’epoca sovietica che mette al sicuro Putin da un forte dissenso interno.
Se la Russia dovesse vincere la guerra la sicurezza delle frontiere dell’Unione sarebbe azzerati. Inoltre, l’ex Est dovrebbe temere altri conflitti.