Le elezioni europee e la distrazione dell’opinione pubblica
A pochi giorni dalle elezioni europee sembra che l’opinione pubblica sia interessata a seguire i drammatici eventi dei conflitti in corso ai confini del continente più che al futuro dell’Unione. Il motivo più probabile di ciò consiste nell’aver constatato l’impotenza dei 27 in un contesto internazionale che richiederebbe maggiore unità, forza, autorevolezza, assertività e capacità d’intervento e di deterrenza sullo scenario internazionale. Tale percezione rafforza atteggiamenti di indifferenza se non di dichiarato pessimismo già presenti in molti Stati.
L’Unione Europea e le sue debolezze
La lentezza e l’inconcludenza dei meccanismi decisionali, l’indebolimento dei legami transatlantici, la percezione di non essere più uno dei principali attori sul palcoscenico planetario, spingono a guardare al passato, quando gli Stati nazione europei vivevano la loro dialettica politica interna senza doverla adeguare a complessi equilibri continentali a volte poco comprensibili. Improvvisamente l’Europa si è scoperta priva di fonti energetiche proprie, militarmente fragilissima senza la Nato, dipendente da nuove tecnologie che colossi industriali non europei sviluppano e impongono al commercio mondiale.
La mancata crescita economica dell’Unione e il deperimento del regime di welfare, che costituiva un vanto nelle politiche sociali dei Paesi più sviluppati, fanno percepire un regresso, un declino complessivo che i leader continentali non mostrano di sapere arrestare. Mentre a Bruxelles si parla del futuro dell’Unione, le opinioni pubbliche constatano tristemente la realtà di un crescente inverno demografico, cioè la più indiscutibile prova del fallimento di un modello di sviluppo troppo attento agli utili di cassa e indifferente di fronte alla quotidianità del cittadino medio.
Nazionalismi, populismi, elezioni europee in salita
Insomma uno scenario che sembra costruito per favorire nazionalismi e populismi di ogni sorta, che in gradi Paesi come la Francia e la Germania, pur non avendo alternative credibili da offrire, giocano ormai un ruolo da protagonisti sia nelle questioni interne sia nei confronti dell’Unione. Indietro non si torna e davanti abbiamo una strada in salita.
L’astensionismo non sarebbe, comunque, una soluzione. A meno che non si sposi l’idea di un’Europa ormai totalmente marginale, incapace di sfruttare il suo grandissimo patrimonio culturale e la sua esperienza storica per evitare che il mondo si avvii lungo strade dagli esiti imprevedibili e drammaticamente rischiosi.