qualcosa la stava detronizzando rendendo inattuale la sua presunzione di essere il pensiero che sa pensare il pensare, la teoresi che permette di vedere, cogliere, indicare, i fondamenti e quant’altro. Quel qualcosa per altro non era, e non è, estraneo alla stessa storia della filosofia. E’ proprio ciò che ci segnala Vladimiro Giacchè: “La dicotomia identità/contraddizione vede un prevalere del primo termine nella logica classica, che esclude la contraddizione. Tra il Settecento e la prima metà dell’Ottocento la situazione si rovescia. Dominerà il tema della contraddizione”.
Contraddizione e digitale
Nella spigolatura precedente ho proposto di argomentare identità e contraddizione (e differenza) tenendo presente una analogia tra continuo e discreto, cioè la coppia che, se com-presa, forse, ci permette di entrare nella logica del digitale.
Nel digitale domina (cioè argomenta il mondo) il discreto e il discreto non è un alieno, è il sotterraneo e il sempre presente; con una metafora che piacerebbe ad Heidegger, è ciò che momentaneamente può essere stato oscurato, ma che ora si è potentemente messo nella luce.
Se avessimo potuto chiedere a Boole, Gödel, Turing, Shannon, Wiener, Neumann e a Feynman (tanto per esemplificare) se si sentivano filosofi la risposta sarebbe stata semplicemente un sorriso.